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Vizi da Guerra Fredda

Immagine del redattore: Vanni NicolìVanni Nicolì


La fine di marzo e l’inizio di aprile sono stati caratterizzati da due eventi politici di portata mondiale che hanno messo sotto i riflettori degli studiosi e appassionati di relazioni internazionali un fenomeno davvero particolare e preoccupante: la presenza di una fitta e capillare rete di spie russe sparse nel mondo.


Qualcuno, spinto dal retaggio storico e dall’eredità sovietica che caratterizza e accompagna ancora oggi Mosca, potrebbe diminuire la portata degli eventi che sono accaduti in Bulgaria e in Italia affermando che una notizia del genere non costituisce una vera e propria scoperta, che era qualcosa di saputo e risaputo da tempo.


In verità, a parere di chi scrive, un conto è avere notizie su un’infiltrazione di spie in altri Paesi, magari anche molto lontani dal nostro, tutt’altro, invece, quando ci colpisce direttamente e, soprattutto, quando ciò che davamo per certo perché “scontato” si materializza concretamente.


Ecco che la notizia dell’infiltrazione russa in Italia ha fatto il giro del mondo in pochissimo tempo. Ad aprile, un’operazione dei Carabinieri del Ros, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Roma, ha permesso di fermare il Capitano di Fregata della Marina Militare italiana, Walter Biot, e un ufficiale delle Forze Armate russe accreditato presso l'Ambasciata della Federazione russa in Italia con le accuse di spionaggio e trasmissione e ricezione di documenti segreti. L'operazione, condotta dall'Agenzia Informazioni Sicurezza Interna (AISI) con il supporto dello Stato Maggiore della Difesa, è stata effettuata durante un incontro clandestino tra i due fermati che sono stati sorpresi in flagranza di reato immediatamente dopo lo scambio tra la documentazione classificata e un compenso in denaro dal valore di 5.000 euro. I documenti ceduti illecitamente dal Biot riguardavano dossiers italiani e altri documenti della NATO che erano stati etichettati come classificati e segreti.


Un’operazione del genere vede un solo precedente nella storia del nostro Paese quando, nel lontano 1989 e prima della caduta del Muro di Berlino, il blocco che costituiva il Patto di Varsavia aveva lavorato con l’obiettivo di intercettare qualunque informazione utile dalla Oto Melara (oggi società partecipata di Finmeccanica) a La Spezia, impegnata in quel periodo nella fabbricazione di cannoni e mezzi corazzati. All’epoca dei fatti, due presunti agenti del KGB e uno dell’intelligence bulgara ricevettero l’ordine di arresto.


Pochi giorni prima quanto verificatosi in Italia, a Sofia era scoppiata un caso internazionale molto simile e ancor più grave.


Il Governo bulgaro ha annunciato la scoperta di una rete di presunte spie russe operative nel suo territorio (anche in questo caso, come l’Italia, si tratta di un Paese membro sia dell’UE che della NATO). L’operazione governativa ha permesso di arrestate cinque persone, militari ed ex militari.


Anche per la Bulgaria, si tratta del peggior caso di spionaggio russo dal lontano 1944. Il procuratore generale Ivan Gwshev ha sottolineato che l'indagine è di particolare rilevanza per la sicurezza della Bulgaria, l'UE, la NATO e gli Stati Uniti. Fra gli arrestati vi è il responsabile del registro delle informazioni riservate presso il parlamento bulgaro. Inoltre, il presunto capo del gruppo di spie è un alto funzionario dell'intelligence militare bulgara, che sarebbe stato addestrato da Mosca per reclutare una rete illegale di agenti fra persone che hanno accesso a informazioni riservate riguardanti la Bulgaria, la NATO e l'Unione Europea.


Nel caso bulgaro, però, senza arrivare al 1944, Sofia aveva già espulso, nel 2020, dei diplomatici russi con delle accuse simili, seppur non così gravi come quest’ultime.


Possiamo definire la scelta di questi due Paesi casuale? No, non è possibile.


L’Italia è sempre stato un punto di riferimento importante per Mosca nell’Occidente europeo. Il nostro è stato l’unico Paese della NATO che aveva un Partito Comunista dal grande potenziale elettorale e che è stato protagonista di diverse e lunghe esperienze politiche alla guida dello Stato in un periodo storico in cui c’era il rischio di passare dall’alleanza atlantica a quella di Varsavia.


La Bulgaria, invece, in qualità di ex Stato appartenente al blocco del Patto di Varsavia, riceve molte attenzioni da Mosca anche per una ragione prettamente strategica. La sua collocazione geografica nei confronti della Russia e la vicinanza al Mar Nero hanno permesso alla NATO di rendere Sofia un importante centro operativo-militare con basi aeree e militari.


Queste vicende hanno acceso ancor di più l’attenzione nei confronti di due particolari agenzie russe. La prima è il GRU (Glavnoe razvedyvatel’noe pravlenie, traducibile come Direttorato principale per l’informazione) che, per volere del vice-ammiraglio Igor Kostyukov che ne detiene il controllo, gestisce una rete di 5 mila agenti in tutto il mondo che lavorano come antenne per il Cremlino dato il loro lavoro nelle stazioni per le intercettazioni dei segnali e nel campo dell’intelligence elettromagnetica.


La seconda, invece, è l’SVR (ex primo direttorato del KGB). La collaborazione di queste due componenti ha già permesso a Mosca un’ottima infiltrazione in Siria e la sua presenza in Crimea fuorviando l’intervento ucraino.


Nonostante la recente maldestra gestione del dossier e del caso Navalny, queste due compagini rappresentano una risorsa fondamentale per Mosca e, vedendo come si stanno declinando i rapporti con Washington, il rischio di ulteriori operazioni di questo genere tenderà ad essere sempre più elevato.

 

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