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Vittime per la verità. Storie di giornalisti uccisi perché in cerca della verità

Immagine del redattore: Giuseppe GilibertoGiuseppe Giliberto

Negli ultimi anni, a livello globale, sono venute alle cronache molte vicende che riguardavano l’omicidio di giornalisti in prima linea. Nel corso della storia è successo che dei reporter impegnati in una zona di conflitto venissero uccisi. Questo perché ci sono molti esempi di giornalisti che sono stati uccisi solo perché avevano denunciato qualcosa o perché avevano messo in luce alcune verità scomode.


Nel rapporto di Reporters sans Frontiers viene fatto notare che il numero dei giornalisti uccisi in zone di guerra sia passato dal 58 al 32%, mentre ha subito un forte aumento il dato dei giornalisti non impegnati in zone di guerra, che è passato dal 34 al 68%. Molti di questi delitti al giorno d’oggi sono ancora senza un colpevole o un movente valido.


Si evidenzia il fatto che negli ultimi anni la maggior parte dei giornalisti uccisi provengano perlopiù da Paesi che non sono classificati come zone di conflitto, come per esempio Messico, India, Pakistan, Honduras e Filippine. Tutti Stati privi di conflitti armati, ma tutti caratterizzati dalla presenza di regimi autoritari e classi di potere forti che impongono forti limitazioni alle libertà personali delle popolazioni. Molti giornalisti che hanno cercato di opporsi o denunciare tutto questo hanno pagato con la loro vita.


In Messico ad esempio sono stati uccisi solamente nell’ultimo anno circa venti giornalisti, colpevoli soltanto di aver messo al corrente l’opinione pubblica della forte corruzione e collusione di funzionari pubblici coi cartelli della droga. Restando sul tema della corruzione, non possiamo non parlare del giornalista ghanese Ahmed Hussein-Suale, autore di un’importante inchiesta sulla corruzione all’interno della Federazione calcistica del Ghana. Le scoperte fatte portarono alle dimissioni del suo Presidente, Kwesi Nyantakyi. Il 16 gennaio 2019, il giornalista fu ucciso ad Accra.


Non sono mai mancati casi di giornalisti che furono uccisi perché contrari al gruppo governativo del proprio Paese. Due esempi importanti sono stati Anna Politkovskaja e Jamal Kashoggi. La prima si era occupata di mettere in luce le atrocità messe in atto dai soldati russi durante la guerra in Cecenia, ma soprattutto fu la prima a criticare il Governo guidato dal Presidente russo Vladimir Putin. Nel gennaio del 2006, un killer la raggiunse all’interno del suo palazzo uccidendola. Jamal Kashoggi, invece, durante la sua carriera giornalistica si era opposta alla famiglia reale che governava nel suo Paese natio (l’Arabia Saudita), dal quale era fuggito emigrando negli Stati Uniti. Kashoggi venne rapito e ucciso all’interno dell’ambasciata dell’Arabia Saudita ad Istanbul. Del suo sequestro e omicidio vennero indicato il principe saudita Mohamed bin Salman, accuse che tuttavia vennero respinte dal principe saudita.


In Europa, invece circa quattro anni fa venne uccisa la giornalista maltese Daphne Caruana. Attraverso il suo blog, stava portando avanti un’importante inchiesta sul riciclaggio di denaro sporco nell’isola di Malta. La giornalista aveva inoltre denunciato il coinvolgimento di personaggi vicini al Primo Ministro Joseph Muscat nello scandalo dei Panama Papers, che vedeva coinvolti la moglie di Muscat e due membri del suo governo ovvero Konrad Mizzi e Keith Schembri. Il 16 ottobre del 2017, la giornalista venne uccisa con un’autobomba. Come esecutori, vennero individuati Vincent Muscat e i fratelli George e Alfred Degiorgio; per quanto riguarda i mandanti, le indagini sono tutt’ora in corso.


Tutti questi casi dimostrano non solo la criticità della situazione, ma anche il fatto che molte volte questi giornalisti sono stati uccisi dalle stesse persone che dovevano garantire e salvaguardare il loro lavoro.


In memoria di Mario Francese, giornalista ucciso da Cosa Nostra il 26 gennaio 1979


 

 
 
 

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