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Vere prove di disgelo?

Immagine del redattore: Vanni NicolìVanni Nicolì

Che l’arrivo e la diffusione del Coronavirus avrebbe portato a tanti e incredibili cambiamenti, certamente e sfortunatamente, non rappresenta una novità. Le numerose trasformazioni portate da questa pandemia hanno coinvolto anche il campo delle relazioni internazionali.


Quando l’Italia fu colpita dalla prima ondata del virus ed era il Paese in maggiore difficoltà ha ricevuto aiuti e sostegni importante da diversi Stati. Ma, ancor prima dell’intervento dell’Unione Europea o di altri membri, è stata la Russia di Putin a tendere una mano per prima a noi Italiani.


Se è vero che la solidarietà non ha confini e che davanti alle difficoltà e alle emergenze la comunità internazionale è abbastanza pronta a dare il proprio sostegno, non possiamo non essere sorpresi da questa mossa da parte del Cremlino.


Non possiamo, infatti, dimenticare il fatto che l’Italia fa parte di quella stessa Unione Europea che nel 2014, in risposta all’invasione russa della Crimea, ha inflitto delle sanzioni economiche e restrizioni commerciali sia nei confronti della Russia che della città di Sebastopoli e dell’intera regione ucraina. Inoltre, queste sanzioni sono state rinnovate semplicemente sei mesi fa quando, alla verifica dell’applicazione degli accordi di Minsk, il Consiglio ha deciso per questa strada.


Nello specifico, le nuove misure limitano l’accesso ai mercati dei capitali primari e secondari dell’UE da parte di determinate banche e imprese russe e vietano forme di assistenza finanziaria e intermediazione a favore degli enti finanziari russi. È stato anche stabilito il divieto sull’importazione, esportazione o trasferimento, diretti o indiretti, di qualsiasi materiale connesso alla difesa ed è stato introdotto il divieto dei beni a duplice uso che possono avere scopi militari o essere destinati a utilizzatori finali militari in Russia. Le sanzioni limitano inoltre l’accesso russo a determinate tecnologie sensibili che possono essere utilizzate nel settore energetico russo, ad esempio per la produzione e la prospezione del petrolio.


È possibile leggere, dietro ad un’azione così generosa e solidale, l’intento di appianare le divergenze con l’Unione che, a livello commerciale, rappresenta un partner molto importante sia per le importazioni che per le esportazioni della Russia?


Accanto a queste misure, però, abbiamo avuto nuova ruggine nelle relazioni UE-Russia quando Putin e il suo governo avevano annunciato ufficialmente la produzione del vaccino russo anti-Covid “Sputnik V”. L’Unione e le sue agenzie che operano in ambito medico e sanitario avevano sollevato numerosi e forti dubbi sulla sua efficacia e sul rispetto di tutte le garanzie per l’uomo. Si è anche arrivati a pensare che potesse essere un mezzo per rafforzare l’immagine di Putin nel suo Paese.


Invece, contrariamente a quanto affermato nel tempo, il 18 dicembre gli organi di stampa delle maggiori testate europee hanno diffuso la notizia di primi contatti tra Bruxelles e Mosca per diffondere il vaccino nel continente. Nello specifico l’EMA (European Medicine Agency) ha avviato le procedure per produrre Sputnik V anche nel territorio dell’Unione.


Come dichiarato da un rappresentante del Russian Direct Investment Fund (RDIF), il vaccino potrebbe essere venduto anche in Europa e potrebbe essere prodotto perfino in Germania. Già, proprio uno di quei Paesi che, insieme alla Francia, si è fatto promotore delle suddette sanzioni.


Proprio questi due elementi possono farci comprendere come Mosca non sia più così lontana da Bruxelles anche se questa distanza chilometrica e diplomatica potrebbe risultare falsata a causa dell’emergenza pandemica. Potenzialmente, il virus e le sue conseguenze potrebbero lavorare come un cannocchiale che ci avvicina cose che in verità hanno una distanza decisamente maggiore.


Ma a questa analisi potremmo aggiungere un terzo indizio.


Il giorno in cui i pescatori siciliani hanno lasciato la Libia e hanno fatto ritorno dalle loro famiglie, l’ex Premier italiano Silvio Berlusconi ha sottolineato il ruolo fondamentale di Putin che avrebbe negoziato con Haftar per il rilascio dei nostri connazionali.

Potremmo leggere le parole di Berlusconi come una semplice propaganda politica volta a sminuire l’operato del governo Conte, ma potrebbe anche essere vera.


Se lo fosse, allora i dialoghi tra Europa e Russia sarebbero fortemente riaccesi perché il Cremlino è stato in grado di sboccare una trattativa difficile non solo per l’Italia, ma anche per l’Unione Europea.


Ma tutto questo ha un costo non indifferente. Il nostro Paese in primis e l’UE in secundis avrebbero perso la loro influenza sul Mediterraneo e la capacità di dialogo con uno dei Paesi, la Libia, al primo posto come polo di emigrazione verso l’Europa. Inoltre, la Russia otterrebbe un’ulteriore e altrettanto importante area di influenza nel bacino mediterraneo dopo la Siria.


Possiamo quindi chiamarle vere prove di disgelo o astute politiche russe di conquista, tramite il complesso e mai banale campo dei soft powers?

 
 
 

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