
Nello scacchiere geopolitico del Medio Oriente bisogna evidenziare la particolare situazione socio-politica di uno Stato che, per quanto piccolo dal punto di vista della superficie, ha avuto un’eco molto forte negli ultimi mesi per gli avvenimenti che ne hanno sconvolto il già precario ordine sociale.
Si parla del Libano, Stato a nord di Israele, che purtroppo è già noto per l’instabilità politica che lo caratterizza da anni. La causa è da rintracciare nella presenza di Hezbollah che, collegato con i Pasdaran iraniani, si comporta come se avesse costituito uno Stato nello Stato che indebolisce il governo centrale di Beirut rendendolo vulnerabile alle infiltrazioni dell’Iran nel Paese.
Come se questa intricata situazione politica non fosse già abbastanza, nell’agosto 2020, il Libano è finito sotto i riflettori dei media internazionali a causa della violentissima esplosione al porto di Beirut. La deflagrazione, oltre alla distruzione di un punto economicamente strategico per la città, ha provocato anche circa 190 morti e oltre 6 mila feriti.
Ad un evento così drammatico che ha, inevitabilmente, messo in ginocchio la già debole economia di questo Paese, si sono aggiunte le recenti proteste della popolazione che, a causa delle misure anti-Covid varate dal Governo, è scesa in piazza per esprimere tutto il suo malcontento anche attraverso l’uso di bottiglie incendiarie.
I cortei hanno coinvolto la città libanese di Tripoli, a nord della capitale e seconda città del Paese per importanza, e hanno visto il ferimento di 300 persone e il fermo di polizia di molti manifestanti che hanno chiesto la liberazione di altri civili e delle misure più morbide per permettere agli esercizi commerciali di avere degli orari di apertura più flessibili che consentano alle classi più disagiate di lavorare e guadagnare.
A peggiorare la situazione, come riportato dall’emittente Al-Jazeera, ci sarebbero le prove che l’esercito libanese, nel tentativo di sedare le rivolte, avrebbe usato, oltre ai classici cannoni d’acqua e fumogeni, anche dei proiettili veri e non quelli di gomma che vengono usati in queste circostanze con l’obiettivo di far disperdere la folla.
Nonostante questi eventi abbiano catapultato il Libano in una grave situazione di disordine sociale e ad una riacutizzazione del contagio da Coronavirus, l’ONU ha analizzato il Paese facendo emergere delle potenzialità produttive che lo rendono uno degli Stati dalle maggiori prospettive di crescita economica dell’intera area del Mediterraneo.
Questa è l’analisi che emerge dal Productive Capacity Index (PCI) redatto dalla United Nations Conference on Trade and Development (UNCTAD). Questo indice, che ha esaminato i 193 Stati dell’ONU, misura la capacità dei Paesi di realizzare la loro trasformazione socio-economica. Queste caratteristiche, messe insieme, determinano la capacità di produrre beni e servizi che consentono di crescere e svilupparsi attraverso fattori economici quali le risorse produttive, le abilità imprenditoriali e i collegamenti di produzione.
Di fronte a queste prospettive, bisogna sottolineare come attualmente il Libano stia affrontando la sua peggiore crisi economica degli ultimi 30 anni. Inoltre, nei giorni scorsi, le organizzazioni umanitarie locali e internazionali hanno lanciato l’allarme sui rischi che il numero finora estremamente ridotto di vaccini (28 mila, inviati dalla Pfizer e comprati con i fondi della Banca mondiale, rispetto a una popolazione residente di oltre sei milioni di persone) possa indurre la classe politica settaria libanese a gestire la campagna di vaccinazione secondo pratiche clientelari e poco trasparenti.
All’inizio di questo mese, sia la Francia che gli Stati Uniti hanno chiesto a più riprese un maggiore sforzo da parte della classe dirigente e politica libanese per costruire un Governo credibile e in grado di affrontare, sul piano politico si intende, la grande forza di Hezbollah.
In seguito, la Francia ha chiesto all’alleato americano di pensare al Libano in modo politicamente reale. Data la forte radicazione di Hezbollah nel territorio, sarebbe più opportuno iniziare a pensare alla formazione di due Stati per poter avviare al più presto un processo di rifondazione politico-istituzionale per il bene di un Paese a lungo senza pace e privato delle proprie risorse per il benessere dei suoi cittadini.
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