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Una nuova speranza per la Tanzania e l’Africa?



Sul finire del mese di marzo, una notizia ha attirato l’attenzione del mondo delle relazioni internazionali che riguardava il futuro politico di un Paese e, con esso, dell’intero continente africano. Nello specifico, si parla della Tanzania che ha visto la morte dell’ex premier John Magufuli e la nomina a Capo di Stato, secondo i dettami della Costituzione nazionale, dell’ex vice-premier Samia Suluhu.


Questo passaggio, seppur concretizzatosi a causa di un evento tragico, merita di esser approfondito e studiato attraverso la ricostruzione di questa nuova figura governativa che, inevitabilmente, è divisa tra la necessità di seguire un percorso già tracciato e il coraggio di cominciarne uno completamente nuovo perseguendo il bene del suo Paese e della sua gente.


Fin dalla sua nomina, Samia Suluhu Hassan (questo il suo nome completo) ha rappresentato una pagina importante per lo Stato della parte centro-orientale dell’Africa. Infatti, lei è la prima donna a ricoprire il ruolo presidenziale.


A parte questo notevole carico di responsabilità ulteriore, il punto da cui partire per comprendere e provare ad anticipare il suo operato politico è sicuramente insito nel suo discorso di insediamento nel quale ha dichiarato di voler lavorare con onestà e rettitudine per obbedire e proteggere la Costituzione tanzaniana.


Sicuramente un discorso necessario quello della Suluhu chiamata, tra le altre cose, anche e soprattutto a confrontarsi con l’ingombrante figura del suo predecessore.

Magufuli ha caratterizzato il corso politico tanzaniano per diversi anni (in carica fin dalla sua prima nomina nel 2015) e lo ha fatto all’insegna di una forte crescita economica che però ha visto, nel suo lungo percorso, una seria e pericolosa scia di vittime, sia in termini di persone che di libertà e diritti violati e negati.


Secondo gli osservatori internazionali, le elezioni di riconferma (avvenute nel 2020) non sono state del tutto trasparenti e regolari con accuse da parte di associazioni, come ACT Wazalendo, di aver ordinato alla polizia l’uccisione a Zanzibar di persone che avevano trovato le vere schede elettorali con risultati diversi da quelli proclamati. Sempre in occasione del suo primo mandato, Magufuli aveva iniziato a vietare le manifestazioni dei partiti di opposizione, a limitare le attività delle organizzazioni non governative che lavoravano nel Paese e ad introdurre leggi che rafforzavano il potere del Partito della Rivoluzione (al potere in Tanzania da oltre 60 anni) che, secondo gli oppositori, impedivano la circolazione di informazioni indipendenti.


Inoltre, lo scorso gennaio, Magufuli aveva chiuso l’attività di sei media nazionali imponendo loro delle restrizioni sui contenuti pubblicati online e obbligando le emittenti di radio e tv a chiedere l’autorizzazione alle autorità per usare qualsiasi tipo di materiale prodotto da media stranieri.


L’ultimo punto di questa agenda politica era legato al Covid-19. Il Presidente aveva fin da subito mostrato un atteggiamento negazionista scagliandosi contro l’OMS e la Chiesa Cattolica.


Al contrario di certi comportamenti e discorsi fatti da Magufuli, i primi mesi di questa nuova esperienza politica si sono già caratterizzati per essere diversi rispetto al passato.


La Suluhu ha già mostrato tranquillità, calma e, allo stesso tempo, risolutezza nei suoi discorsi sia in materia di Coronavirus che libertà dei media o rapporti con l’opposizione.


I più scettici hanno sottolineato come non ci sia ancora un segnale di diversificazione nella lotta alla pandemia. In verità, però, Suluhu è apparsa in alcuni discorsi munita di mascherina (cosa impensabile per Magufuli) e ha instaurato un comitato permanente che indaghi sulla pandemia. I numeri dei contagi e della diffusione sono ancora incerti e non facilmente pubblicabili perché il precedente atteggiamento negazionista ha comportato la chiusura delle indagini epidemiologiche circa un anno fa.


Alcuni studiosi politici africani, inoltre, stanno sottolineando l’approccio completamente diverso che la Premier sta seguendo nel prendere le decisioni. In questo frangente, prevale un atteggiamento volto all’ascolto, al dialogo e al confronto anche con le opposizioni. Questo potrebbe fare da preludio ad una serie di aperture in materia di diritti fondamentali sia nei confronti dei media che degli altri partiti.


Questi segnali di apertura rappresentano dei successi iniziali non di poco conto, anzi. Sono i primissimi indizi di una volontà politica nuova e completamente differente a tal punto che anche gli Stati limitrofi alla Tanzania stanno cambiando i loro atteggiamenti nei confronti del Governo di Dodoma. Infatti, è recente la notizia circa la riapertura del confine da parte del Kenya che ha ufficializzato questa decisione accogliendo a Nairobi la leader Suluhu. L’incontro ha anche permesso di affrontare tematiche importanti come la collaborazione tra i due Paesi in materia commerciale e pandemica.


Che da questi fattori si possa avviare una rivoluzione sociale e civile nonostante il concomitante Coronavirus è ancora troppo presto per dirlo. Tuttavia, questo sarebbe un atto coraggioso e pieno di speranza per il futuro di un Paese e di un intero continente che attendono una svolta da troppi anni.


 

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