
L’immagine che l’Europa dell’Est (senza tenere conto della Russia) da di sé o conserva nel nostro immaginario collettivo è fortemente influenzata dai numerosi dibattiti in seno alle assemblee comunitarie a Bruxelles.
Le politiche nazionaliste dei Paesi dell’area Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca) ci hanno sempre offerto l’immagine di Governi pronti a chiudere i propri confini davanti alle frequenti ondate migratorie e a urlare ai complottismi quando arrivano nuove direzioni europee (soprattutto contro Berlino e Parigi).
In tutto questo particolare scenario, da Praga fino a Minsk, si registra anche la forte presenza dell’influenza russa che riesce, in questo modo, ad avere un contatto, seppur indiretto, con l’Unione Europea.
Se questa è l’aria che si respira in questa parte del Mondo, di contro, stiamo assistendo al rafforzamento di una posizione completamente diversa rispetto a quanto scritto in precedenza. La grande novità proviene dalla Moldavia.
Il piccolo Stato dell’Europa orientale ha inaugurato un’agenda politica rinnovatrice e coraggiosa.
La prima novità è stata rappresentata dal sorprendente risultato delle elezioni nazionali del 2020 che videro la vittoria di Maia Sandu che, vincendo anche contro il premier uscente Igor Dodon, è diventata la prima donna a diventare Presidente della Repubblica moldava.
Il suo programma politico, con posizioni fortemente europeiste, ha trovato un largo consenso da parte degli elettori che hanno premiato il dichiarato impegno nella lotta la corruzione e nel riformare l’apparato politico e burocratico del Paese. Quest’ultimo rappresenta un punto veramente importante per uno Stato che, solo cinque anni prima, aveva assistito impotente al furto di quasi un miliardo di euro dalle sue tre principali banche proprio da parte delle autorità politiche.
Un altro fattore di grande diversità rispetto al passato riguarda l’ingerenza russa nei confronti della candidata eletta. In passato, l’ex premier Dodon aveva sempre e apertamente manifestato le sue idee politiche filo-russe ricevendo l’appoggio e il sostegno economico di Mosca. Infatti, l’ex Premier è stato accusato di aver ricevuto finanziamenti illeciti e di aver intrattenuto relazioni con i servizi d’intelligence russi come dimostrato da un’indagine condotta da Balkan Insight che ha anche reso pubblica la partecipazione di alcuni collaboratori russi alla sua campagna elettorale.
Nelle elezioni di un anno fa, invece, la Russia ha messo da parte Dodon e ha visto nel terzo candidato, Renato Usatii, un nuovo profilo sul quale puntare. Ed ecco che, anche per questa ragione, la vittoria della Sandu diventa ancor più importante e storica.
Potremmo dire che Chisinau, solo ora, ha tutto per uscire dall’ampia sfera di influenza del Cremlino.
Nonostante i grandi problemi parlamentari che hanno cercato di intralciare il lavoro politico della Sandu, la sua agenda e il suo impegno politico hanno trovato i favori della comunità internazionale. Molto forte è stato il riavvicinamento della Romania che, ritrovando un Paese non più sotto l’influenza russa, ha espresso il proprio sostegno al nuovo Governo disponendo un programma di finanziamenti e aiuti come lo stanziamento di 100 milioni di euro; la disposizione di 6 mila tonnellate di gasolio da fornire in aiuto agli agricoltori moldavi; l’invio di supporti medici e di 200 mila dosi di vaccino anti-Covid-19.
Lo stesso entusiasmo è stato mostrato anche da parte dell’Ucraina. Infatti, il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj vorrebbe fare affidamento sulla Moldavia per future collaborazioni che portino i due Paesi ad essere più vicini all’Unione Europa e, se fosse necessario, unirsi contro l’onnipresente Russia.
E a proposito di Putin, iniziano già ad esserci dei primi attriti con la Presidente Sandu. Infatti, la Moldavia ha espresso pubblicamente il proprio desiderio che il Cremlino ritiri dalla regione moldava della Transnistria i duemila soldati russi presenti da diversi anni. Mosca ha giustificato la necessità di quella presenza con l’obiettivo di completare una missione di peacekeeping a lungo termine, ma Chisinau ha chiesto la sorveglianza dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea) data la mancanza di un accordo che preveda e regoli la presenza militare russa in suolo moldavo.
Questa questione continuerà a far parlare. Abbandonare la Transnistria sarebbe troppo lesivo per gli interessi strategico-militari russi. Si perderebbe la vicinanza con un territorio fondamentale come la Crimea e non si potrebbero più tenere sotto diretto controllo, in caso di ritiro delle truppe, le basi NATO presenti in Romania.
Tutti questi elementi devono farci parlare di nuovo cantiere perché fanno emergere la presenza di una nuova e dinamica realtà politica. La Moldavia, nel suo piccolo, ha avviato un processo di crescita nazionale e internazionale che potrebbe diventare, in futuro, un esempio di coraggio politico e rafforzamento dello spirito democratico che in alcuni Stati di quell’area europea rappresenta un fondamento oggi ancora assente.
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