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Traffico di donne: dall’Africa all’Italia

Immagine del redattore: Nisrine JouiniNisrine Jouini

La tratta di esseri umani, nota anche come trafficking, è un’attività criminale che rende vittime ogni anno migliaia di uomini, donne e bambini. Questo rappresenta un crimine transnazionale che viene definito dall’art.3 del “Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini”.


Le cause della tratta in Africa sono molte e la povertà è uno dei principali fattori che portano le persone, in particolare donne e bambini, a cadere nelle mani dei trafficanti. Le persone diventano parte della catena della tratta di esseri umani a causa di fattori di attrazione (ovvero le differenze economiche che rendono anche le città, le regioni o i Paesi vicini relativamente poveri) e fattori di spinta (povertà, deterioramento delle condizioni di vita, privazione umana, disoccupazione persistente, discriminazione di genere, mancanza di informazione e istruzione). La destinazione europea più importante per le vittime della tratta nigeriana è l'Italia. Il canale favorito dai trafficanti di esseri umani è, ovviamente, la traversata del Mediterraneo.


Il business della tratta internazionale a scopo di sfruttamento sessuale si basa su un sistema in continua evoluzione, che si adatta al mutare delle condizioni politiche e sociali. Il primo contatto che la vittima ha con i contrabbandieri avviene spesso attraverso un parente, un amico o un'altra persona familiare. Dopo questo primo step, la vittima viene messa in contatto con una matrona” o “maman, la persona più importante della rete in Nigeria. In molti casi, la matrona ha anche il ruolo di finanziare il viaggio ("sponsor"). La somma di denaro (mai realmente conosciuta), deve essere comunque restituita alla matrona: l’esistenza del debito viene “ufficializzata” tramite la stretta di una sorta di patto, che obbliga il rimborso in cambio di un passaggio sicuro in Europa. Il sigillo del patto culmina con un rito juju o voodoo, celebrato da un native doctor detto anche ohen. Questi, attraverso preghiere rituali, l’utilizzo di peli pubici, capelli, unghie, sangue mestruale e la foto della vittima, compie un rito attraverso il quale lega l’anima della malcapitata a se stesso con un giuramento, che la vincola a pagare il debito contratto e a non tradire mai l’organizzazione criminale e la matrona. Se la vittima verrà meno al giuramento, sigillato con l’uccisione di un galletto nero istantaneamente sgozzato di cui la giovane dovrà mangiare il cuore ancora caldo, il native doctor farà sì che lei impazzisca o muoia.


Dopo il rito le giovani partono per raggiungere il centro di smistamento che si trova nella località di Agadez (in Niger), dove sostano per alcuni giorni e dove spesso vengono cedute e fatte violentare dalle guardie di frontiera per guadagnare il transito sino alla Libia. All’arrivo in Libia le giovani vengono smistate all’interno delle connection house, dove sono costrette alla prostituzione, o all’interno di ghetti, dove sono ridotte in schiavitù domestica e sessuale da uomini autoctoni o connazionali. Se durante la loro permanenza in Libia vengono arrestate e incarcerate dalle milizie libiche la loro condizione di assoggettamento si aggrava ulteriormente a causa delle richieste di “riscatto” avanzate dai carcerieri alle matrone. Questo debito andrà a sommarsi a quello già accumulato prima della partenza. Se le condizioni di salute della vittima non sono buone e/o la sua condizione la rende “inutilizzabile” ai fini della prostituzione, l’organizzazione può decidere di abbandonarla alla mercé dei miliziani e per quella vittima non ci saranno prospettive di salvezza. Se la vittima rimane incinta durante la permanenza in Libia può capitare che venga agganciata o comprata da un connazionale o da una persona di fiducia della matrona in modo tale da sembrare un nucleo familiare ed avere così accesso ai percorsi preferenziali che i nuclei stessi hanno all’arrivo sui nostri territori.


Per raggiungere l’Italia ci sono molte rotte illegali (attraverso le quali passano tutti i traffici illeciti: esseri umani, droga, armi), che possono cambiare in base alle condizioni meteorologiche. Qualora le vittime sopravvivano al viaggio nel Mediterraneo vengono accolte nei CAS (Centri di accoglienza straordinari). Qui ci sono due ipotesi: la ragazza ha un numero di telefono, già ricevuto in Nigeria, che dovrà contattare non appena arriverà in Italia; in caso contrario, sarà la famiglia a contattare direttamente lo sfruttatore. Nei centri, insieme alle ragazze, ci sono anche membri delle organizzazioni criminali che hanno un ruolo strategico di coinvolgimento e di indirizzo. Nessuno dice che è costretta a prostituirsi, poiché questa sarebbe una disgrazia per la famiglia. Ma probabilmente in alcuni casi la famiglia lo sa e convince la figlia stessa a pagare il debito per paura di ritorsioni nei confronti degli altri bambini rimasti in Nigeria.


Una volta in Italia, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) registra l'arrivo delle ragazze vittime di tratta con patologie psicologiche che richiedano l'intervento immediato di personale sanitario specializzato. Ci sono casi di allucinazioni che colpiscono le donne, che riferiscono la presenza di un uomo nella loro stanza (ohen) o dicono di sentirsi soffocare per mano di qualche spirito. In diversi Paesi europei, le autorità hanno "salvato" donne dai loro trafficanti, ma spesso queste tornano alla prostituzione per adempiere ai loro obblighi nei confronti dei loro sponsor.


La risposta del sistema italiano di tutela delle vittime di tratta è ancora frammentaria ed è necessario potenziarla. Sin dal 1998 l’Italia si è dotata di un sistema di aiuto e reinserimento sociale delle vittime di tratta e ha compiuto progressi in materia di contrasto delle organizzazioni criminali. Nel 1998, nel Testo Unico sull’Immigrazione, venne inserito nell’art.18 la possibilità per le vittime di essere tutelate e di ottenere un valido documento di soggiorno per lavorare e vivere in Italia. Il primo Piano Nazionale d’Azione adottato dal Governo nel 2016 per tracciare le linee guida del contrasto e della prevenzione ha rappresentato un passo positivo importante, ma è scaduto a dicembre 2018 e non è stato ancora definito un secondo Piano. Per quanto riguarda il Programma Unico di Emersione, che racchiude invece le misure concrete per l’emersione, l’assistenza e l’integrazione sociale delle vittime, il finanziamento è stato di recente potenziato dal governo e ammonta a 24 milioni per il triennio 2019-2021.


A livello globale, secondo il rapporto dell’UNODC, i Paesi stanno rilevando e segnalando più vittime e condannando più trafficanti. Il Rapporto ha anche riscontrato un netto aumento del numero di bambini vittime della tratta, che ora rappresentano il 30 % del totale delle vittime individuate, con un numero molto maggiore di ragazze rilevate rispetto ai ragazzi. Lo sfruttamento sessuale continua ad essere lo scopo principale della tratta, che rappresenta circa il 59%.


Una soluzione a breve termine probabilmente non esiste, ma il rischio di re-trafficking in Italia, per le vittime di tratta fuoriuscite dal circuito dello sfruttamento, è altissimo. A causa delle recenti modifiche della legislazione italiana in materia di immigrazione, le vittime titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari rischiano di diventare irregolari e di essere nuovamente intercettate dalle reti dei trafficanti, alla luce dei dati forniti dall’UNHCR.

Si spera che la situazione possa essere sempre monitorata e che ci siano iniziative legislative all’altezza di questi crimini transnazionali e delle loro evoluzioni.

 
 
 

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