
Parlare di democrazia, agognare quelle libertà e quei diritti collegati a questa antichissima e fondamentale forma di governo sono le speranze di qualunque uomo, donna o più comunemente cittadino del mondo.
Per chi analizza le situazioni socio-politiche mondiali, però, nonostante la sete di libertà che si vede e si desidera in giro per il globo, non è affatto scontato vedere l’affermazione dei principi democratici. A volte, non c’è l’intenzione di fare delle concessioni da parte di chi ha il potere o, in altri casi, il retaggio storico-culturale di un Paese obbliga ad un lentissimo e tortuoso percorso che può anche subire delle brusche frenate.
Ed è proprio quest’ultima ipotesi il caso del Kazakistan.
Ex territorio dell’Unione Sovietica e concepito per essere un lager che doveva ospitare i dissidenti del regime comunista (soprattutto Ucraini), questo Paese ha conosciuto l’indipendenza soltanto nel 1991 (solamente trenta anni fa) e ha subito l’influenza del modo di governare di matrice sovietica. Infatti ad Astana si è instaurato un lungo regime dittatoriale guidato da Nursultan Nazarbayev che non ha concesso le libertà sperate al popolo kazako e ha mantenuto la sua leadership politica indiscussa fino al 2019.
Inoltre, la vicinanza geografica di due attori politici e geopolitici molto particolari e interessati a mantenere dei forti legami col Kazakistan, trattasi di Cina e Russia (con quest’ultima si sottolinea anche la comune partecipazione al CSI), non hanno di certo favorito un percorso democratico.
La svolta politico-istituzionale, però, potrebbe essere finalmente giunta.
Nel 2019, dopo le dimissioni di Nazarbayev, la guida politica dello Stato è passata Qasym-Jomart Toqaev che è stato anche confermato dalle successive elezioni.
Il cambio di guarda dopo il lungo periodo di crisi istituzionale e politica ha portato alla ribalta un fortissimo desiderio di riforme e cambiamenti che ha spinto la popolazione a scendere in piazza, pacificamente, e a manifestare finalmente le proprie idee.
Nelle maggiori città del Paese, Nur-Sultan, Almaty, Aktobe, Shimkent e Uralsk, i cittadini hanno mostrato manifesti e striscioni contro il vecchio Presidente accusato di “aver mangiato il Paese” e sono state chieste la liberazione di alcuni prigionieri politici e, a gran voce, delle riforme sociali e politiche per avviare un primo vero percorso democratico per il Kazakistan.
Inoltre, affianco dei Kazaki, sono scesi nelle piazze anche profughi dallo Xinjiang, sfuggiti alle repressioni cinesi. Quest’ultimi, infatti, temono che ci possano essere dei cambiamenti nella politica di Turchia e Kazakistan nei confronti della Cina, dettate dal timore di offendere Pechino.
Nonostante in certi casi le forze dell’ordine abbiano dovuto usare la forza per reprimere le proteste e sedare gli animi dei manifestanti, il grido di libertà urlato dal popolo kazako non è rimasto inascoltato, producendo la spinta necessaria per dei cambiamenti che il Governo ha adottato.
Un esempio di queste riforme proviene direttamente dalle ultime elezioni nazionali. Infatti, la nuova legge elettorale kazaka ha portato la soglia minima di eleggibilità per la Camera bassa (denominata Mazhilis) al 7% permettendo ad altri partiti (Partito Democratico Ak Zhol e il Partito Popolare), solitamente esclusi, di avere delle rappresentanze politiche.
Dopo le turnazioni elettorali, Toqaev ha avviato dei primi e decisi pacchetti di riforme che migliorano la partecipazione della popolazione alla vota politica del Paese e garantiscono anche un diritto fondamentale come la libertà di espressione.
Tra le misure sopra richiamate si citano: la formalizzazione legale dell'istituzione di petizioni online; l’adozione di una legge aggiuntiva per il Commissario per i diritti umani, grazie alla quale snellire l'attività di questa istituzione in vari ambiti e settori; rafforzare il Commissario per i diritti umani anche con la creazione di sue sedi regionali; implementare l'indice di sviluppo giovanile per valutare l'efficienza delle politiche sui giovani e provvedere a misure per stimolare le attività benefiche.
Inoltre c’è la volontà del Governo di lavorare per migliorare la legislazione contro la tortura, il traffico di esseri umani e la protezione dei cittadini (specialmente bambini) dal bullismo in rete, dando il mandato per aderire al Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti dell'infanzia.
Queste misure si aggiungono ad altre precedentemente adottate che hanno permesso al Governo di Astana di rafforzare ulteriormente il rispetto dei diritti umani anche attraverso l’abolizione della pena di morte.
In considerazione di quanto riportato, è possibile affermare che il Kazakistan ha iniziato con grande entusiasmo politico e sociale un nuovo percorso legislativo che gli permetterà di entrare nel novero delle democrazie mondiali e di uscire dal giogo politico russo e cinese.
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