
Nelle ultime settimane il Giappone era stato inondato da aspre critiche a causa delle polemiche nate a seguito di un intervento inopportuno di Yoshiro Mori. Il Presidente del Comitato olimpico giapponese aveva rivolto alcune frasi giudicate sessiste dalla società e dalla stampa (soprattutto quella estera) in merito alla proposta di allargare l’assemblea ad un numero maggiore di donne, in modo tale da rendere più inclusiva l’assemblea stessa, proprio come ci si aspetterebbe che siano le prossime Olimpiadi. Mori, durante un incontro online con il Comitato olimpico giapponese, aveva detto che nelle riunioni le donne parlano troppo e che per via del loro “forte senso di rivalità, se una alza la mano per parlare poi anche tutte le altre vorranno parlare”. Le affermazioni hanno riportato nel dibattito pubblico il tema della forte disparità di genere presente nel Paese e hanno costretto Mori a ratificare le dimissioni. Tuttavia, negli scorsi giorni, dal Giappone sono giunte notizie in grado di aprire nel Paese un dibattito costruttivo e più inclusivo, basato sulla tutela della diversità e il riconoscimento legale del matrimonio per la comunità LGBTQ.
La comunità del millenario impero del Sol Levante è stata (nel corso dei secoli) contraddistinta da un’elevata tolleranza e rispetto delle diversità. Si narra che, durante il periodo feudale, l’omosessualità dei samurai fosse presente, ben nota e notevolmente tollerata. Con la progressiva apertura all’Occidente databile nel XIX secolo, si è manifestato un atteggiamento pregiudizievole e negativamente critico, cresciuto durante gli anni e sfociato nel preconcetto verso le persone omosessuali, importato proprio da quell’occidente che si voleva emulare.
La Costituzione giapponese, introdotta nel 1947, voleva tutelare i giovani coniugi e disincentivare i matrimoni precoci spesso voluti e decisi in ambito familiare, muovendo i primi passi per garantire un rapporto più equo.
Il Giappone è l’unico Paese del G7 che non ha un sistema legislativo che sancisce le unioni omosessuali. Sedici coppie, dislocate in tutto il Giappone, nel 2019 avevano chiamato in giudizio il governo che precludeva loro la possibilità di sposarsi. Essi chiedevano un risarcimento per il dolore provato perché, mancando una legge sul tema, non potevano convolare a nozze. Il risarcimento non è stato concesso.
L’articolo su cui l’accusa dava battaglia era il n. 24 della Costituzione, che recita: "Il matrimonio deve essere basato solo sul mutuo consenso di entrambi i sessi e deve essere mantenuto attraverso la cooperazione reciproca con gli uguali diritti di marito e moglie come base." Il giudice del tribunale distrettuale di Sapporo (una città a Nord di Tokyo, nella provincia dell’Hokkaido), Tomoko Takebe, ha ritenuto corretto il verdetto della corte, sostenendo che l’articolo 24 si riferisca alle coppie eterosessuali e, di conseguenza, non vi era stata violazione.
Il tribunale ha però stabilito che l’orientamento sessuale, ugualmente all’etnia e al genere, non è sottoposto ad un procedimento arbitrario di scelta o di preferenza individuale; pertanto, anche le coppie LGBTQ dovrebbero poter usufruire «dei benefici legali derivanti dai matrimoni», come riporta la stessa sentenza. Aggiunge, inoltre, che il Governo deve "garantire alle coppie dello stesso sesso anche una minima parte degli effetti legali che derivano dal contratto di matrimonio".
La legge giapponese afferma altresì chiaramente che il matrimonio dovrebbe essere basato «sul mutuo consenso di entrambi i sessi». Fino ad oggi è sempre stato interpretato come unione donna-uomo. Tuttavia, grazie a questa sentenza, la legislazione potrebbe cambiare comprendendo al suo interno anche gli altri tipi di coppia.
I problemi che ricadono sulle coppie omosessuali sono tanti e richiedono una rapida risoluzione. Tra le criticità principali dovute all’assenza di matrimonio, si pensi che tali coppie non godono dei diritti all’ereditabilità degli immobili, delle proprietà e dei beni del partner, non hanno alcun diritto e responsabilità legale nell’esercizio della genitorialità, hanno concrete difficoltà per ottenere contratti tutelanti di affitto. Per ridurre il divario e le lacune giuridiche, alcuni comuni hanno avviato iter che permettano dei “certificati di unione” così da agevolare e tutelare le coppie almeno in merito di affitti ma non hanno validità giuridica.
Takebe ha inoltre espresso esplicitamente che negare la possibilità di contrarre matrimonio per gli omosessuali sia un «un trattamento discriminatorio senza basi razionali» che verrebbe meno all’art. costituzionale n. 14 che vieta la discriminazione davanti alla Legge.
Questo riconoscimento rende incostituzionale, di fatto, l’impossibilità di contrarre matrimonio per le coppie gay.
La notizia si è diffusa rapidamente in tutto lo Stato. Le associazioni LGBTQ festeggiano e vedono finalmente prendere forma le battaglie che da anni intraprendono per rendere il mondo un luogo più inclusivo, aperto, democratico e rappresentante delle molteplici forme che caratterizzano le diversità e l’essere umano.
Fonti:
https://www.japantimes.co.jp/news/2021/03/17/national/crime-legal/same-sex-marriage-landmark-ruling/
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