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Se questa è democrazia


Il Messico rappresenta ormai da anni uno dei Paesi più pericolosi e martoriati dai reati di omicidio, sequestro di persona e narcotraffico (con tutto quello che questo comporta in termini di spaccio, contrabbando e assassini per il potere dei cartelli). Non a caso, da alcune statistiche è noto che Città del Messico è la capitale dove si verifica il più alto numero di sparizioni e sequestri di persone, per lo più stranieri.


Eppure, quando si parla del Tricolor, ci si riferisce ad uno dei primi Stati ad essersi liberato dalla colonizzazione europea, ad aver intrapreso un percorso di costruzione statale. Ad oggi, il Messico è una repubblica presidenziale federale con una certa base democratica.


Nonostante queste premesse, si è registrata una lunga e terrificante scia di sangue che per diverse ragioni accompagna questo Paese anche durante la manifestazione più importante della democrazia, ovvero le elezioni dei propri rappresentanti.


Ancor prima del giorno delle votazioni, era stato registrato un record di omicidi di candidati e politici. Nello specifico, da settembre 2020, se ne sono contati ben 97. Inoltre, anche in occasione del voto per il rinnovo della Camera dei deputati, sono stati registrati gravi casi di violenze nei confronti di diversi Governatori e migliaia di Sindaci. Il tutto a prescindere dai risultati che hanno confermato, in seguito, la maggioranza dell’attuale presidente Andrés Manuel López Obrador, sebbene con un margine inferiore alle aspettative che gli renderà più difficile il percorso delle riforme promesso.


Purtroppo, però, questi eventi e questi numeri non rappresentano una novità per la tribolata storia messicana. Infatti, nella tornata elettorale del 2016 furono registrate 61 vittime tra candidati e politici in cerca di riconferma. Questo ci fa comprendere come i dati del 2021 rappresentino un triste primato nazionale.


Approfondendo le cifre e le dinamiche di quest’anno, delle 97 vittime accertate tra candidati e politici locali, ben trenta sono dell’ultimo mese. A questo si aggiungano anche quasi un migliaio di attentati denunciati.


Inoltre, in questo clima di violenza fisica e psicologica, decine di politici hanno deciso di rinunciare alla propria corsa elettorale a causa delle minacce ricevute, tra proiettili a casa, teste mozzate di maiali e messaggi minatori. Queste condotte sono state ripetute anche nel giorno stesso del voto. Cinque impiegati nei seggi elettorali sono stati uccisi, delle granate sono state rinvenute all’interno di un seggio; in altri sono comparsi resti umani in sacchi di plastica e degli uomini armati hanno assaltato alcune urne e due candidati sono stati rapiti, picchiati e poi rilasciati diverse ore dopo.


Il fenomeno, per quanto crudele e inumano, merita di essere analizzato e comparato col passato per comprendere il nesso tra questi eventi e la società. Infatti, le violenze di questi mesi hanno avuto natura prettamente locale, a differenza del passato quando attentati e omicidi colpivano anche politici di più alto rango e dalla maggiore visibilità nazionale. È stato notato che i gruppi di narcotrafficanti oggi sono sempre più segmentati e la dimensione locale e il radicamento al territorio è oggi più forte che mai. Il modo con cui questi gruppi criminali si assicurano le loro attività e il loro spazio di manovra non passa più dalle pressioni e le minacce alla politica nazionale, ma dall’influenza su quella municipale.


Inoltre, l’escalation di violenze non ha guardato nemmeno al colore politico dei partiti coinvolti e questo ha fatto pensare che alcuni omicidi possano esser stati commissionati da gruppi politici rivali.


Oltre che ad un problema culturale e sociale, eventi di questo genere sono anche il frutto di una politica nazionale che non è stata in grado di vincere questa grave piaga. La strategia di Obrador ha fallito in modo abbastanza plateale dato che in Messico il tasso di omicidi per 100 mila abitanti, che era a 8 prima dell’inizio della guerra al narcotraffico (sono comunque tanti, in Italia gli omicidi sono 0,5 per 100 mila abitanti) nel 2020 era a 27, uno dei massimi di sempre nonostante le restrizioni per la pandemia.


In uno stato di guerra permanente come quello che sta coinvolgendo il Paese da tanti e troppi anni ormai, c’è bisogno di un deterrente altrettanto forte e deciso. Bisogna, sicuramente, perseguire una “battaglia” culturale per sensibilizzare le giovani generazioni e indirizzarle verso un percorso di legalità. Contro i cartelli, sempre più profondamente radicati nel tessuto economico e socio-politico del Paese, è necessario opporsi con dei mezzi adeguati perché quanto verificatosi di recente rappresenta a tutti gli effetti un enorme e grave attacco al cuore dello Stato e la posta in palio è la credibilità di un Paese e dell’intero sistema democratico, messicano e non solo.

 

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