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Rapimenti e riscatti


Si è felicemente e definitivamente conclusa la vicenda del giovane imprenditore veneto, Marco Zennaro, che, recatosi in Sudan per questioni di lavoro e in rappresentanza dell’azienda per la quale riveste il ruolo di amministratore unico, è stato costretto a stare in una prigione sudanese per diversi giorni.


La vicenda ha visto il coinvolgimento anche di un sistema giudiziario e politico (quello sudanese) non molto chiaro e in grave deficit democratico e giuridico che ha impedito una necessaria chiarezza negli eventi e delle comunicazioni immediate con la famiglia.


Nello specifico, al Zennaro è stata contestata un’irregolarità in alcuni beni da lui commercializzati. Questa situazione, in un primo momento, era stata risolta attraverso una sentenza di un tribunale di Khartoum che aveva riconosciuto la possibilità di rimediare attraverso il pagamento di un’ammenda (400 mila euro). Nonostante questo primo intervento, la polizia locale lo ha rifermato e lo ha chiuso in carcere senza che nessuno gli abbia spiegato il perché di questa decisione.


Solo l’intervento della Farnesina e del Ministro degli Esteri Di Maio ha permesso al nostro connazionale di risolvere questa strana e oscura vicenda.


Al di là delle precise dinamiche che hanno caratterizzato tale storia, ci si chiede quanto gli Italiani siano vulnerabili all’estero e quanto il nostro retaggio in materia di contrattazione con terroristi e rapitori negli ultimi anni possa costituire una minaccia per noi.


Ovviamente non è possibile e non sarebbe giusto fare un unico discorso equivalente per tutti i casi che l’Italia ha dovuto affrontare negli ultimi anni. Bisogna saper ben differenziare i casi, le persone coinvolte, i territori che sono stati teatro del rapimento.


Casi ancora irrisolti che “pesano” sulla coscienza italiana e altri che, seppur positivamente conclusi, hanno scatenato reazioni contrastanti sia dal punto di vista sociale che politico. Tra questi spiccano quelli del sacerdote Paolo Dall’Oglio, rapito in Siria, forse, da alcuni miliziani dell’ISIS, di cui non si hanno più notizie dal 2013; quello di Silvia Romano, volontaria di una onlus italiana in Kenya, rapita e poi, dopo lunghe ed estenuanti trattative, liberata e ricondotta dalla sua famiglia; quello di Luca Tacchetto, volontario per la costruzione di un villaggio in Togo, rapito e portato in Mali e liberato di recente; quello di Pier Luigi Maccalli, missionario rapito al confine tra Niger e Burkina Faso e ritornato in Italia un anno fa e, infine, Raffaele e Antonio Russo, padre e figlio detenuti illegalmente da alcuni poliziotti messicani e liberati dopo un lungo tempo.


Quello appena proposto è semplicemente la punta di un iceberg che ha fatto registrare dei casi e una serie di nomi più corpose di quanto non possa sembrare.


Come vincere queste difficoltà, come evitare che si concretizzino pericoli di questo genere che nel tempo hanno anche acquisito una maggiore incidenza?


Limitare la possibilità di movimento e contrastare il libero determinismo delle persone non è possibile; come fare un lavaggio del cervello tale da indurre a ritenere che tutto ciò che è presente in un determinato continente o in un Paese specifico sia negativo e da evitare.


Ci sono casi, in Europa, di Stati che non contrattano con rapitori e terroristi. Il più emblematico è quello rappresentato dal Regno Unito. Una veloce navigazione sul sito ufficiale del Foreign Office britannico (l’equivalente del nostro Ministero degli Esteri) pone un elenco dei Paesi del mondo con delle schede che rappresentano molto bene i rischi e i pericoli di ognuno di essi. Inoltre, è ben visibile con una scritta in maiuscolo e in grassetto che il Governo britannico non negozierà con nessuno e i cittadini sono ben informati dei rischi che potranno fronteggiare una volta in viaggio.


Scelta giusta o no? Difficile a dirsi, specie in questa sede. Un Paese, al di là della sua specifica forma di Governo, non dovrebbe mai abbandonare i propri consociati e dovrebbe provvedere alle necessità dei suoi cittadini, specie in un contesto del genere.


E allora perché voltare le spalle? Sacrificare una persona per non rendere più vulnerabili tutti gli altri cittadini che per una vacanza, per spirito di volontariato o per motivi di lavoro sono in aree del mondo definite come eccessivamente pericolose. In effetti, da un confronto tra Regno Unito e Italia, i casi di rapimenti di cittadini britannici sono inferiori rispetto a quelli italiani e la consapevolezza che il nostro Governo negozia e paga lo pone in una condizione di debolezza rispetto a qualunque futuro rapitore.


Allora, in un Paese come il nostro dove ormai la pratica della negoziazione è ben consolidata da anni, bisogna prendere diverse precauzioni. È necessario giocare d’anticipo attraverso degli attenti e accurati “corsi di alfabetizzazione culturale” che preparino i viaggiatori al contesto culturale, sociale e politico nel quale entreranno in modo tale da adattarsi il più velocemente possibile e nel modo migliore.


Infatti, in determinati Paesi sapere come vestirsi, cosa dire o non dire e quali comportamenti poter assumere (anche quelli che a noi sembrano scontati perché quotidiani) può davvero divenire una fondamentale ancora di salvezza.


Pertanto queste le due armi a nostra disposizione: buon senso e cultura, specie l’ultima, che è da sempre lo strumento di vita per eccellenza.

 

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