top of page

Per una futura convivenza


La storia infinita che ha caratterizzato i rapporti tra Madrid e Barcellona si colora di un altro, nuovo e, per certi versi, sorprendente capitolo.


Il passato recente di questo eterno dualismo spagnolo aveva toccato il punto più basso nelle relazioni quando l’allora Premier Mariano Rajoy aveva mostrato i muscoli e deciso di usare la forza politica per fermare la spinta indipendentista catalana nel 2017. La provocazione del voto referendario e la nettissima vittoria del “SI” hanno portato Madrid ad intervenire nella regione catalana, costringendo il Presidente catalano Carles Puigdemont a fuggire a Bruxelles e cercare riparo politico.


Quel famigerato “autunno caldo” ha visto il punto più critico nella decisione del Governo di mettere in vigore l’articolo 155 della Costituzione spagnola che prevede la sospensione dell’autonomia e la destituzione degli organi di Governo della regione.


Inoltre, la crisi catalana, nel tempo, ha assunto un significato sempre più altisonante e fuori dai confini iberici. Sono molti i Paesi e le regioni europee coinvolte e attente a seguire l’evoluzione della vicenda. Capire come si sarebbe comportato Madrid e quali sarebbero state le reazioni dell’Unione Europea era fondamentale per alcune aree del Vecchio Continente da sempre desiderose di indipendenza e di riconoscimento internazionale: da Cipro, al Kosovo, dalla Scozia alla Crimea.


Dopo aver perseguito un percorso fatto di forza e brutalità, oggi la Spagna ha deciso di intraprendere un percorso completamente diverso che a Madrid risulta già noto.


Il Premier Pedro Sanchez ha concesso l’indulto ai leader catalani indipendentisti condannati per la tentata secessione del 2017. Questa decisione, appresa con molte polemiche da parte dell’opposizione e della destra di Vox, è stata presa per il bene del Paese come ha voluto sottolineare lo stesso Sanchez.


La storia europea, ed anche quella spagnola, ha già conosciuto strategie distensive e volte al dialogo nonostante i tentativi di secessione territoriali.


In Italia conosciamo bene quanto avvenuto nell’Alto Adige e in Sicilia. In entrambi i casi, i due territori chiedevano l’indipendenza da Roma e il Governo italiano decise di incentivare il senso di appartenenza allo Stato da parte dei due territori attraverso delle politiche di dialogo e di investimenti economici che hanno permesso di sedare i primi tentativi e piani di terrorismo irredentista e di garantire una serena convivenza per il futuro.


Non si può dire lo stesso delle prime scelte politiche spagnole nella regolazione dei rapporti con i Paesi baschi e del Regno Unito con l’Irlanda del Nord. Quest’ultimo caso ha visto versare tanto sangue, anche innocente, e alla fine a Belfast non c’è ancora oggi un senso di appartenenza britannico. Ce lo dimostrano le trattative sulla Brexit che sono state sfruttate dai Nordirlandesi come tentativo di staccarsi da Londra una volta per tutte. Il primo caso, invece, è un ibrido. Soprattutto ai tempi del Governo di Francisco Franco, Madrid represse nel sangue ogni tentativo basco di indipendenza e la risposta degli oppositori non fu certo da meno. Però, dopo anni e anni di violenza e scontri, Madrid ha compreso la necessità di un dialogo e di un’intermediazione ed oggi, dopo i primi incontri organizzati e tenuti dall’ex Premier Aznar, la questione basca è rientrata.


Queste lezioni ci permettono di capire quanto il dialogo sia importante e decisamente superiore rispetto alla repressione in termini di comuni benefici.


Certamente, nell’economia di questa decisione, la diplomazia europea ha giocato un ruolo importante dato che il Consiglio d’Europa aveva approvato una risoluzione con la quale esortava la Spagna a rilasciare i politici catalani date anche delle pene decisamente sproporzionate rispetto agli illeciti commessi.


Ora, però c’è da capire se il gesto di Sanchez troverà o meno terreno fertile nella restante parte politica e sociale spagnola.


Infatti, nonostante la questione catalana abbia permesso ai partiti di destra di nutrirsi di voti e consensi, ci sono due punti fondamentali con i quali l’Esecutivo deve confrontarsi. Il primo è rappresentato dalla Corte Suprema spagnola, la quale ha espresso parere contrario (seppur non vincolante) sulla concessione dell'indulto. La Corte, si legge, ha fortemente sostenuto che le pene comminate per i reati commessi “erano appropriate” e che finora “nessuno dei condannati ha mostrato pentimento, né il minimo accenno di contrizione”. Per evitare un braccio di ferro con la Corte, i provvedimenti di grazia, che dovranno essere firmati da Re Felipe VI, saranno studiati nei minimi dettagli.


Da qui, la conseguenza che saranno condizionati e reversibili. Conterranno, quindi e alla fine, una disposizione che stabilisce che se i detenuti recidivano il reato, in un periodo che può essere di circa tre anni, la grazia sarà annullata. Per lo stesso periodo di tempo i beneficiari non potranno tornare a svolgere attività politica.


Al di là delle decisioni finali, l’appello di Sanchez è quanto di più realistico e necessario per iniziare a costruire tutti quanti insieme un cammino comune che veda nella Spagna il bene ultimo e condiviso: Non ci aspettiamo che i separatisti cambino l'idea di essere una repubblica. Speriamo, però, che comprendano che non esistono altre strade fuori dalla legge di diritto. Perché nulla è legittimo se l'altra parte della società viene travolta e il prezzo da pagare per il processo è alto.

 

Fonti:


Fonte immagine:

10 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
Post: Blog2_Post
bottom of page