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Nella morsa del terrore

Immagine del redattore: Vanni NicolìVanni Nicolì

Le numerose e importanti vittorie riportate contro le milizie dell’ISIS in Siria e in Iraq hanno permesso a questi Paesi e all’area medio-orientale di estirpare una delle piaghe maggiormente diffuse e cruente in questo territorio che non riesce ancora a trovare un equilibrio socio-politico che porti alla tanto acclamata pace.


Una delle principali conseguenze di questi successi militari, è stato il trasferimento di molti militanti in Africa, soprattutto all’interno di contesti politici ed economici particolarmente deboli dove manca un’autentica leadership e una forte coesione tra governanti e governati.

Un’area che, data la sua estrema fragilità socio-politica, ha attratto queste mire è stata quella subsahariana e, in particolare quella del Niger. Nello specifico, questo Paese rappresenta soltanto la punta dell’iceberg di un fenomeno davvero complesso e truculento perché ciò che si sta diffondendo non è solo il modus operandi di questa organizzazione terroristica, ma anche un vero e proprio spirito emulativo di altri gruppi illegali, armati e militarmente organizzati che seminano il terrore e spargono sangue nell’area centro-meridionale del continente.


Alcuni recenti attacchi terroristici, registrati nel solo mese di marzo, hanno causato ben 148 vittime coinvolgendo persone innocenti e interi villaggi nella zona occidentale del Paese.


Quali sono le motivazioni che si celano dietro questi vili attacchi e quali sono le contromosse che sono state prese e che possono essere d’aiuto per il Governo di Niamey?


La regione subsahariana che coinvolge, nello specifico, Mali, Niger e Burkina Faso si caratterizza per fenomeni quali crimine, jihadismo e una forte insorgenza etnica. Tutte queste manifestazioni di violenza (perché la presenza e l’attivismo del gruppo terroristico JNIM (Jamaat Nusrat al Islam wa al Musliminnon) non è il solo problema) sono lo specchio di un profondo disagio popolare che affonda le proprie radici in numerose cause: dall’inefficienza degli Stati a livello politico-economico, alla perdurante emergenza e apparentemente invincibile crisi umanitaria, al drammatico livello di sottosviluppo e alla mancanza di adeguate tutele politiche per le minoranze etniche e per i gruppi sociali emarginati.


Ovviamente, quest’ultima ragione, sommata all’espansione del Sahara che, negli ultimi cento anni, ha coperto un 10% in più di Africa, rappresenta il nucleo centrale del problema.


Oltre alla già citata JNIM, il Niger registra anche la presenza di un’altra sigla terroristica, la SIGS (Stato Islamico del Grande Sahara), che ha saputo intercettare le richieste di aiuto e supporto della minoranza dei Fulani, nel sud del Paese, e si è sostituito al Governo centrale nell’assistenzialismo e nella difesa per la lotta per lo sfruttamento delle risorse naturali.


Il Niger, oltre ad essere accusato, a livello politico, di non essere in grado di supportare l’incremento demografico con delle misure economiche e sanitarie adeguate, ha visto aumentare l’odio di questi gruppi militari data la presenza nel territorio di attori internazionali, come la Francia, che segnano la vicinanza della comunità internazionale a questa complicata realtà.


Tra gli altri mali che affliggono questi Stati, in Mali e Niger sono pericolosamente aumentati i percorsi che favoriscono l’arrivo degli immigrati clandestini verso l’Algeria e, da lì, verso il Mediterraneo. Infatti, col tempo, Niamey è diventato il punto fondamentale per l’immigrazione clandestina perché fenomeni del genere riescono ad attecchire maggiormente dove impera la povertà.


Conseguenza di questo incremento nei volumi affaristici illegali nigerini è che queste organizzazioni sono disposte a qualunque cosa pur di difendere i loro redditizi interessi.


La compresenza delle già citate truppe francesi ha aumentato ancor di più il rischio di attacchi indiscriminati contro la popolazione locale o contro gli stranieri che professano una religione diversa da quella islamica e truppe militari regolari a servizio dello Stato.


Dal quadro che caratterizza questo Paese, è possibile comprendere che solo un concreto e massiccio intervento delle forze internazionali può sanare queste radicate difficoltà. Inoltre, l’uccisione del Presidente del Ciad e la nomina di suo figlio alla guida del Paese potrebbero aver compromesso ulteriormente i già precari equilibri dell’area aumentandone gravemente la vulnerabilità.

 

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