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Lula potrebbe essere candidato alle presidenziali brasiliane

Immagine del redattore: Giulia PatriziGiulia Patrizi

Il grande ritorno dell’ex Presidente in corsa per le elezioni del 2022.

L’8 marzo Luiz Inácio Lula da Silva, ex Presidente del Brasile e leader del Partito dei Lavoratori (Pt), vedeva cadere le quattro condanne che pendevano su di lui da tre anni. Il giudice del Tribunale Supremo Federale Edson Fachin ha annullato i quattro processi per cui era imputato e per i quali avrebbe dovuto scontare dieci anni (divenuti in appello 17), dei quali 580 giorni scontati effettivamente in carcere. Il Tribunale incaricato è stato dichiarato incompetente. Tra il giudice Moro e i PM c’era un filo diretto: il giudice dava precise indicazioni consigliando le prove che avrebbero portato ad un inasprimento della pena, condizionando la regolarità dello svolgimento delle mansioni dei PM designati al caso, fornendo prove per incriminare Lula, suggerendo come usarle contro di lui e venendo meno al suo ruolo e all’imparzialità che un giudice deve avere per garantire un regolare processo agli imputati. Le accuse che gravavano su Lula erano pesantissime: corruzione, tangenti, fondi destinati al Paese usati per comprare appartamenti privati. Il coinvolgimento dell’azienda petrolifera statale Petrobras, guidata dalla Presidente e fedelissima di Lula Dilma Rousseff (che si dovette dimettere nel 2016), decine di imprenditori, politici ed ex presidenti, non solo brasiliani ma latinoamericani, ebbero due effetti devastanti per la credibilità del Paese: portarono Lula in prigione e scoperchiarono un sistema corrotto, marcio che aveva sconfinato dal Brasile al resto del continente latino-americano.


Il popolo organizzò violente manifestazioni di protesta contro il Partito dei Lavoratori.


Nel 2018 Bolsonaro ebbe finalmente l’occasione di mostrare un volto diverso al Brasile piangente: fece sua la lotta alla corruzione, ne diventò il baluardo. Il suo manifesto propagandistico cambiò e mise la legalità sul gradino più alto del suo programma. Questo nuovo atteggiamento fece aumentare il consenso intorno a lui e gli permise di vincere le elezioni. Parallelamente Lula fu coinvolto in un terremoto giudiziario che gli costò la candidatura alle imminenti elezioni. Il Partito dei Lavoratori piombò nel caos. Dovettero trovare un candidato all’ultimo minuto che lo potesse sostituire. Dopo forti malumori interni fu scelto Haddad. Nonostante Lula avesse condotto la campagna elettorale, questa inaspettata sostituzione e il clamore mediatico che le accuse riscossero costarono le elezioni alla Sinistra brasiliana ed elessero Bolsonaro, che vinse comunque senza trionfare.


Bisogna porre l’attenzione su ciò che il giudice Fachin ha annullato: non ha annullato la sentenza che imputava a Lula i reati di corruzione e tangenti ricevute per l’acquisto di alcuni appartamenti. Bensì ha annullato le condanne perché ha ritenuto il tribunale di Curitiba (a cui era stato assegnato il caso) di esercitare le sue funzioni in un territorio che non rientrava sotto la competenza della sua giurisdizione. Sostanzialmente si è trattato di un vizio di forma.


Curitiba è la capitale dello stato meridionale del Paranà ed il fulcro mediatico in cui si è svolta l’inchiesta Lava jato (Autolavaggio) guidata dal giudice Sérgio Moro che ha portato alla luce un consolidato sistema di corruzione, con una struttura tentacolare, capace di estendersi in diverse sfere dell’economia brasiliana. Moro divenne l’emblema della lotta alla corruzione e fu scelto come ministro della Giustizia nel governo Bolsonaro, ruolo da cui si dimetterà nell’aprile 2020. Le accuse piovute su di lui ridimensionarono fortemente la sua immagine di strenuo difensore della legalità del sistema brasiliano e si rispecchiarono anche sulla popolarità del Presidente Bolsonaro.


Questa fu una delle più importanti inchieste mai tenutesi in Brasile. Poche settimane fa, il gruppo dei magistrati incaricati di svolgere i lavori fu prosciolto. La fitta rete di corruzione e tangenti stava venendo alla luce.


Lula si è sempre ostinatamente dichiarato innocente. Non si è sottratto al carcere, non ha rilasciato interviste durante la sua detenzione. Ha ricevuto sostegno e apprezzamenti da personalità internazionali come l’ex Presidente italiano Massimo D’Alema o da altre universalmente riconosciute come influenti, tra cui Papa Francesco. Con la caduta delle accuse ha potuto presenziare all’ultimo congresso del Partito e rilasciare interviste. La sentenza di Fachin permette a Lula la riacquisizione dei suoi diritti politici che, se confermata, lo renderanno di nuovo eleggibile.


Bolsonaro accoglie la notizia con poco entusiasmo. Teme di dover affrontare Lula alle elezioni che si svolgeranno nel 2022. La sua popolarità è in calo costante, acuita dalla (mala) gestione dei morti causati dal Covid-19 che ha superato le 271.000 vittime, con il totale dei positivi che si aggira sugli 11.2 milioni. Le preoccupazioni di Bolsonaro sono concrete: in un recente sondaggio condotto dall’Istituto IPEC e organizzato dal giornale Estado de S. Paolo, sul totale degli intervistati solo il 28% riconfermerebbe la scelta fatta, il 50% sceglierebbe Lula e il 32% fornisce il proprio sostegno all’ex giudice Moro.


Lula affida a Twitter le sue prime parole, che sono di grande euforia. Afferma di essere sempre stato dalla parte giusta, durante la sua lunga battaglia giudiziaria e che, se il popolo e il Partito lo desiderano, potrebbe essere il prossimo sfidante di Bolsonaro nel 2022.


Questo clima di generalizzata felicità è prematuro, sottolinea il quotidiano francese Le Monde che ricorda che il caso non è archiviato ma verrà portato davanti al tribunale federale di Brasilia, che dovrà confermare o annullare la sentenza di Fachin. Inoltre, Augusto Aras, procuratore generale della Repubblica, nominato e fedelissimo di Bolsonaro, potrebbe sempre decidere di presentare ricorso contro la decisione di Fachin, molto spesso accusato di essere vicino al Partito dei Lavoratori.


La questione è tutt’altro che conclusa.

 

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