
In un momento storico molto particolare e delicato come quello che stiamo vivendo, tutti i Paesi, senza alcuna eccezione, hanno scoperto una drammatica vulnerabilità interna messa in luce dall’incontrollabile dilagare della pandemia. A questa situazione completamente nuova e inaspettata, gli Stati si sono approcciati in maniera diversa e ogni piano politico, progetto militare o visione economica che li riguardava è venuta meno.
Un caso molto eloquente è rappresentato dall’India.
Lo sviluppo economico del subcontinente indiano è stato talmente tanto forte e costante che il Paese ha catturato l’attenzione delle maggiori organizzazioni internazionali a tal punto da lasciargli un posto nella platea dei cosiddetti BRICS (un gruppo di Stati tra i quali Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica che merita di essere attenzionato per un’economia emergente). Se al dato puramente economico, si affianca quello demografico (la Banca Mondiale ha censito, per l’India, nel 2018 una popolazione di circa 1 miliardo e 350 milioni) è ancor più facile comprendere il grande interesse mondiale verso gli affari di New Delhi.
Negli ultimi tre mesi, l’India è oggetto di una maggiore attenzione internazionale per diverse ragioni. La prima, di natura politico-militare. New Delhi ha registrato degli attriti sia con la Cina che con il Pakistan per il controllo di alcuni territori limitrofi. Con Pechino, ad oggi, i rapporti sono stabili ma tesi, come se regnasse una reciproca sfiducia nonostante i legami economici che legano questi due giganti. Con Islamabad, la situazione tende verso una distensione diplomatica dopo gli scontri lungo il conteso territorio del Kashmir.
Ciò che colpisce maggiormente e che qualifica l’India come un caso particolare è l’andamento dello sviluppo economico e della curva epidemiologica.
Per quanto concerne il primo settore, l’Ufficio nazionale di statistica aveva attribuito al Paese una contrazione economica molto forte (pari al 7,7%) a causa della pandemia. Questa si sarebbe riversata in una forte riduzione dei salari e in un vertiginoso aumento della disoccupazione e dei licenziamenti. Questo, in un Paese dove non è affatto presente un’equa distribuzione delle ricchezze, potrebbe seriamente aumentare la frattura (ormai quasi un abisso) sociale che divide le classi ricche e quelle povere.
Questo divario è aumentato ulteriormente con la pandemia. I numeri e i dati del contagio riferiscono di un altissimo interessamento nei confronti di coloro che vivono ai margini delle grandi e densamente molto popolate metropoli indiane.
Nonostante questi dati, sembra che dal 2022 la macchina economico-industriale del Paese possa riprendere la sua corsa e far da volano all’intera economia nazionale.
Se questa è la situazione a livello economico, stupisce in maniera incredibile quella dal punto di visto medico-sociale. Se nel settembre 2020 l’India aveva fatto registrare dei contagi molto alti (circa 90 mila casi al giorno), con degli ospedali praticamente al collasso e un numero di decessi giornalieri pari a quello degli Stati Uniti (che insieme al Brasile deteneva questo triste primato), ora si nota un crollo verticale sia dei contagi che dei decessi. Lo scorso 9 febbraio New Delhi ha registrato zero morti per Covid-19. Inoltre, il 13 febbraio, i decessi a livello nazionale sono stati 144 e una settimana dopo solo 24. Un dato sorprendente specie se comparato con quello del 15 settembre che si attestavano a 1283 unità.
Difficile dare una spiegazione di questi numeri. Diversi sono gli scienziati e gli epidemiologi che si sono messi al lavoro per comprendere questi dati, soprattutto a fronte di restrizioni sociali non molto forti che il Governo indiano ha adottato.
Tra le spiegazioni plausibili figurano quelle di dati che non rispecchierebbero effettivamente la realtà sociale ed epidemiologica del Paese. Se a settembre l’India teneva un ritmo di quasi un milione di test al giorno per la positività al Coronavirus, oggi questo numero si attesta intorno a 600 mila.
Inoltre, è possibile spiegare questa nuova tendenza riconsiderando i numeri del 2020. Forse quei 11 milioni di contagi dichiarati dalle autorità indiane non riflettono il numero reale di soggetti affetti da Coronavirus. Questi potrebbero essere molti di più, con un numero che oscillerebbe tra i 300 e i 400 milioni di positivi. Questo avrebbe permesso di sviluppare una specie di immunità al virus nonostante un dato molto basso di vaccinati (solo lo 0,8% della popolazione avrebbe ricevuto la prima dose).
Anche se gli ultimi numeri fanno ben sperare, la risposta immunitaria data dal vaccino risulta ancora oggi fondamentale e la vera chiave di successo contro questa pandemia. L’immunità acquisita da precedenti infezioni non è una soluzione e l’India è cosciente di questo a tal punto che, a fronte di questi quest’ultimi dati, il Governo ha reclutato 5000 agenti addetti ai controlli per le mascherine.
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