
La domenica delle palme indonesiana è stata macchiata dalla ferocia dell’ennesimo attentato a sfondo religioso che ha colpito e dilaniato un Paese fin troppe volte alla ribalta internazionale per avvenimenti di cronaca di questa natura.
La città di Makassar è stata teatro di un attacco che due kamikaze, a bordo di una motocicletta, hanno sferrato contro una moltitudine di fedeli cristiani che stavano uscendo dalla Chiesa al termine della celebrazione religiosa.
L’Indonesia è un Paese attraversato visceralmente da diverse professioni religiose ed è lo Stato asiatico con la più alta percentuale di fedeli musulmani. A questi, dopo la caduta del Califfato in Siria e in Iraq, si sono aggiunti i fuggitivi dell’ISIS che hanno virato su Jakarta e le principali città indonesiane trovando, dal punto di visto religioso, terreno amico e fertile per diffondere il loro messaggio.
Quest’ultimo, però, non ha solo rinsaldato la fede e i legami tra tutti i Musulmani sparsi in un territorio particolare (un arcipelago composto da numerose isole), ma ha anche riacceso la già forte componente radicalizzata che ha visto nelle minoranze religiose del Paese degli avversari da piegare in nome dei loro ideali.
Infatti, la comunità islamica indonesiana, come evidenziato dallo Human Rights Watch, si è dimostrata molto intollerante perfino con i propri fedeli. Questa ha dato luogo ad un numero incredibilmente alto di intimidazioni, minacce e vere e proprie violenze nei confronti della propria componente femminile, senza alcuna differenza di età, per una questione legata al “dress code”. In ben 32 reggenze e province, ci sono norme che impongono il velo nelle scuole, nelle istituzioni e, perfino, nelle sedi governative e in altri spazi pubblici. Sono stati registrati dei casi nei quali alcune ragazze sono state punite con il taglio dei capelli per aver violato queste disposizioni. Altre, invece, sono state espulse dagli istituti educativi o penalizzate nella loro carriera scolastica. Ancor peggio, ci sono stati dei casi di donne licenziate per non aver rispettato una norma che, in verità, non dovrebbe avere una natura vincolante.
Questi episodi, come affermato da diversi attivisti e operatori internazionali presenti e operanti in Indonesia, sono un segnale inequivocabile della crescente intolleranza e del forte sentimento conservativo in ambito religioso. Di conseguenza, il tutto rende questa comunità una delle più ostiche con le quali trattare in uno Stato che, nonostante l’85% della popolazione sia musulmana, riconosce ex lege, ben sei diverse fedi religiose (tra le quali, ovviamente, il cattolicesimo).
Nonostante questo fondamentale riconoscimento legislativo, la situazione intorno al pluralismo religioso non sembra avere una facile soluzione. L’eredità storico-politica che questo problema porta con sé è davvero radicata. Perché è proprio l’operato del governo che fa parlare di Stato Islamico in Indonesia. Infatti, il Governo centrale, negli ultimi 20 anni, ha emanato delle leggi sempre più conversative ispirate dalla Sharia e decisamente intolleranti nei confronti di tutte le altre minoranze. Un’ulteriore conferma di questa volontà deriva dalla presentazione dell’Indonesia Masterplan of Sharia Economy 2019-2024 da parte del Presidente Joko Widodo. Suddetto piano rilancia l’Islam e i suoi punti principali come faro ispiratore per un forte e ambizioso revival nel settore finanziario, economico e commerciale.
Una forte attenzione esclusivamente incentrata sulla componente maggioritaria del Paese, potrebbe essere anche una chiave importante per rilanciare un territorio vessato dalla pandemia, ma rischia di nascondere sotto il tappeto, nell’indifferenza più totale, i problemi di convivenza con le numerose minoranze nazionali.
I Cristiani, in alcune aree del Paese, non hanno più una chiesa e vivono la loro fede in luoghi e ripari di fortuna costruiti sul momento, a volte fatte anche di alberi e rami.
Questo potrebbe comportare un’ulteriore escalation di violenza giustificata soltanto dalla necessità di un suffragio elettorale che consolidi ancor di più il Governo di Widodo che, nelle ultime elezioni ha visto aumentare i consensi del suo partito.
Ma a quale prezzo? Il tutto per un decennio di violenze incontrollate che rischiano di affondare definitivamente un Paese ancora molto fragile.
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