top of page

La vicenda giudiziaria dei Marò

Immagine del redattore: Vanni NicolìVanni Nicolì

Era il lontano 15 febbraio del 2012 quando tutti noi abbiamo iniziato a sentire da qualunque organo di stampa la notizia di una sparatoria a largo delle coste indiane che aveva visto protagonisti due marò italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.


La vicenda in cui i due militari sono stati coinvolti ha visto i due fucilieri aprire il fuoco contro una barca di pescatori, provocando la morte di due persone indiane (Ajeesh Pink e Valentine Jelastine), mentre i due militari erano al largo delle coste del Kerala, a bordo della nave cargo Enrica Lexie.


Le autorità di polizia indiane, come poi ricostruito dalla posizione degli avvocati italiani, avevano attratto con l’inganno i due militari sulla terra ferma e hanno proceduto al loro arresto con la successiva detenzione scontata dai due, prima a bordo della stessa Enrica Lexie, poi nel carcere di Trivandrum e, infine, nei locali dell’ambasciata italiana a New Delhi.

La vicenda ha subito messo in seria crisi i legami tra i due Paesi interessati. L’Italia, avvalendosi delle regole del diritto internazionale e di clausole, firmate e condivise anche dall’India, ha sempre ribadito la sua competenza esclusiva nel giudicare su questi avvenimenti e certificare e quantificare la responsabilità dei due marò. Il Governo di New Delhi, d’altro canto, ha sempre avanzato una posizione totalmente diversa, arrogandosi il diritto di dover processare ed eventualmente condannare i due militari italiani.


Purtroppo per Latorre e Girone, il processo di accertamento delle loro responsabilità non è mai stato un caso puramente e unicamente giuridico perché, nel 2014, l’India è stata teatro di un forte scontro elettorale nel quale sono stati inconsapevolmente chiamati in causa anche i due Italiani. Nello specifico, quella tornata elettorale vedeva la sfida tra il leader del Congresso Rahul Gandhi, interlocutore facile e aperto al dialogo, e il leader del partito nazionalista indù Narendra Modi, spinto a rivendicare il primato indiano anche nella succitata vicenda.


La detenzione e il destino dei due soldati è stato politicamente strumentalizzato a tal punto che Modi, dato in vantaggio in quell’occasione, accusava il suo avversario di tradimento ai danni dell’India favorendo, in questo modo, gli “avversari” del Paese. Il tutto, nonostante i buoni rapporti diplomatici con l’Italia.


Il successivo successo di Modi non ha minimamente facilitato le trattative tra i due Paesi e l’Italia ha, con molte difficoltà, portato a casa il permesso per i due soldati di rientrare dalle loro famiglie per un breve periodo, seppur necessario, dato lo stato di salute aggravato da un malore sofferto dal soldato Latorre.


Le lunghe ed estenuanti trattative giuridiche e politiche tra i due Esecutivi hanno finalmente portato ad avere la discussione della causa davanti ad una corte internazionale (precisamente l’arbitrato internazionale). Ciò che si voleva comprendere, una volta per tutte e lontani da qualsiasi tentazione campanilistica e nazionalistica, era se l’accertamento della responsabilità per gli atti compiuti fosse di competenza di Roma o di New Delhi.


Dopo quattro anni dall’apertura del procedimento, la sentenza inappellabile ha riconosciuto la necessità di un intervento italiano che chiamerà i due marò a difendersi dall’accusa di omicidio volontario. Infatti, i due marò hanno commesso il duplice omicidio nell’esercizio delle loro funzioni e, in quel momento, godevano dell’immunità funzionale alla loro posizione e al loro incarico. Rappresentavano uno Stato straniero in acque internazionali.


L’India, dal canto suo, ha preteso ed ottenuto un risarcimento. La Corte Suprema indiana ha deciso di archiviare il procedimento già avviato nel 2012 dietro il versamento in un conto governativo della somma di 1,3 milioni di euro.


Per quanto riguarda il fronte interno, ad oggi, la Procura di Roma sta prendendo in consegna i fascicoli che hanno definito la vicenda giudiziaria in sede di arbitrato e, dopo averli esaminati, si procederà con la formulazione delle accuse in fase di accertamento giudiziario.


Nonostante la mancata chiusura di questa vicenda, la possibilità di ricevere un giusto processo scevro da qualsiasi ingerenza politica straniera è un grande successo diplomatico da parte del nostro Paese. Davanti ai commenti generalisti che lamentavano il troppo tempo impiegato per l’intervento del nostro Governo (non del tutto infondate, sia chiaro), bisogna ricordare la difficoltà della situazione generata dal duplice omicidio, aggravatasi poi con la messa a piedi sulla terra ferma dei due militari e la non fluidità di certe pratiche giuridiche internazionali.


Ora, si dovrà accertare quale e quanto fu il margine di errore di fatto che portò i due marò a sparare scambiando un peschereccio con un’imbarcazione che poteva rappresentare un pericolo di pirateria. Ma il tutto con una giustizia che dovrà e potrà fare il suo naturale corso in solitaria che porti, si spera, ad acclarare la verità dei fatti.

 

Fonti:


Fonte immagine:


 
 
 

Comments


Post: Blog2_Post

Modulo di iscrizione

Il tuo modulo è stato inviato!

  • Instagram
  • Facebook
  • LinkedIn
  • Twitter

©2020 di Prospettive Internazionali. Creato con Wix.com

bottom of page