Un’alternativa al Canale di Suez

Mentre alcune compagnie marittime, ritrovandosi con le navi bloccate nel Suez, hanno chiesto alla US Navy di mettere in sicurezza le rotte verso Capo di Buona Speranza, l’Alto funzionario russo presso il Consiglio Artico, Nikolai Korchunov, invitava tutti quanti a percorrere la via dell’Artico - “E’ necessario pensare a come gestire in modo efficiente i rischi di trasporto e sviluppare rotte alternative al Canale di Suez. Prima di tutto la rotta del Mare del Nord” ha affermato il rappresentante russo.
Il giorno 23 marzo 2021 non è stato l’unico episodio in cui il canale di Suez è rimasto bloccato causando danni commerciali. Basta ricordare le varie crisi politiche e militari tra Israele ed Egitto del 1967 che hanno portato alla chiusura del passaggio fino al 1975.
In seguito ai possibili conflitti regionali e a causa del progressivo scioglimento dei ghiacci dell'Oceano Artico, provocato dal riscaldamento globale, viene naturale chiedersi se sia arrivato il momento giusto per cercare un’alternativa al Canale di Suez.
La rotta dei Mari del Nord, che attraversa l’Oceano Artico, si compone essenzialmente di due passaggi: quello Nord – Est, lungo le coste siberiane, e quello Nord – Ovest, monitorato dal Canada e dagli USA.
Attualmente, considerando che tra la Cina e Rotterdam ci sono circa 23000 km di distanza, la parte Nord – Est può diminuire il percorso del 35% rispetto a Suez. Però, questo passaggio comporta alcune controversie tra la Russia e gli Stati Uniti. Infatti, dovendo attraversare alcuni stretti sotto la giurisdizione della Federazioni Russa, tutte le navi devono essere scortate dalle autorità locali. Essendo considerata una rotta internazionale, per cui farebbe parte delle acque internazionali, gli USA affermano che gli stretti devono sottostare al diritto di navigazione internazionale e quindi le navi dovrebbero navigare liberamente. Ovviamente, la Russia non vuole accettare questo fatto e sostiene che le aree di passaggio fanno parte delle acque territoriale del Paese.
Nonostante la rotta sia praticabile solo cinque mesi all’anno e il disaccordo sugli stretti, il suo traffico aumenta di anno in anno grazie allo scioglimento della struttura polare. Per questo motivo Mosca vorrebbe accelerare lo sviluppo socioeconomico dei suoi territori che si affacciano sull’Oceano Artico, dove vivono circa due milioni di persone, prevedendo una spesa di quasi 217 milioni di euro fino al 2024. In questo modo la regione potrebbe produrre fino al 90% di tutto il gas russo e il 25% di petrolio, con un conseguente incremento di traffico merci lungo la rotta del Mare del Nord.
Invece, il passaggio monitorato dagli americani è molto meno utilizzato in quanto la navigazione è più difficile a causa di tante isole e rocce vicine fra di loro e soprattutto perché presenta condizioni meteorologiche più estremi rispetto a quello Nord – Est.
Anche la Cina, attraverso vari investimenti, ricerche scientifiche, attività economiche e militari, è una delle potenze sempre più coinvolta nell’area artica. Questa presenza preoccupa non solo gli Americani ma anche i suoi “alleati” russi, poiché vorrebbero continuare a mantenere il controllo delle proprie posizioni verso il Mar del Nord.
È utile sottolineare il fatto che l’Artico separa le due masse continentali più importanti del pianeta, l’Eurasia e il Nord America. Il suo scongelamento farebbe mancare quella barriera protettiva tra i due continenti e probabilmente per questo motivo la Russia ha incrementato la militarizzazione della regione. Secondo quanto afferma la CNN, Mosca sta costruendo nuove basi militari e strutture sotterranee che potrebbero ospitare droni subacquei nucleari Poseidon e altre nuove armi ad alta tecnologia come il Tsirkon – “è una nuova tecnologia, con velocità ipersoniche, che rende difficile difendersi” ha affermato il capo dell'intelligence norvegese Nils Andreas Stensønes.
Inoltre, l’emittente americana precisa che le basi in questione si trovano in territorio russo e che dunque è del tutto legittimo questo tipo di difesa, ma quello che allarma le autorità statunitensi è che queste basi possano essere utilizzate in futuro per stabilire il controllo su alcune aree strategiche, le quali a breve potrebbero essere libere dai ghiacciai.
In seguito alle attività dell’esercito russo il portavoce del Pentagono, John Kirby, ha confermato che anche gli Stati Uniti d’America sono “impegnati a proteggere i propri interessi nazionali nell'Artico” attraverso la loro rete di alleati che condividono lo stesso interesse reciproco come il Canada, la Norvegia e il Regno Unito.
Passare per l’Artico darebbe maggiore capacità alla Russia di controllare le rotte verso il Mar del Nord, con possibilità di migliorare l’economia del Paese e di minacciare gli Stati con lo sbocco sull’oceano Atlantico settentrionale.
Fonti - Formiche.net, CNN, Sputnik Italia, LIMES
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