
Nonostante il Mondo si stia confrontando con una pandemia ancora lontana dall’essere risolta, i Governi e i Paesi non hanno chiuso le loro agende politiche internazionali e stanno continuando, nascosti anche grazie all’ombra del virus, le proprie politiche in ambito internazionale.
A questa categoria di Stati si iscrive, con una certa forza e intelligenza geopolitica, anche e soprattutto la Turchia. Dopo un periodo in cui Erdogan sembrava meno attivo nell’ambito della politica estera, ecco invece l’accendersi del motore turco che ha già fatto vedere un interessante e particolare avvicinamento politico e ideologico a Mosca con la faccenda relativa al conflitto tra Azerbaijan e Armenia.
Accanto a questa ritrovata (ma guai a dichiararla costante) vicinanza con la Russia, Ankara ha anche ripreso i propri legami con l’Unione Europea che, nell’ultimo periodo, complici anche gli squilibri sociali interni che hanno minato la leadership di Erdogan, si era allontanata dalla Turchia.
Nello specifico, il premier turco ha avuto un incontro positivo con la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e ha anche ricevuto gli ambasciatori europei. La positività di questi incontri è stata confermata dallo stesso Erdogan che ha affermato la volontà turca di elaborare un’agenda con l’UE e di rimettere le relazioni turco-europee su un giusto binario. Inoltre, l’attenzione del Presidente si è anche spostata sul Mediterraneo orientale, definito, nell’occasione, un mare di cooperazione per gli interessi comuni e non una zona di concorrenza. A conclusione di questo discorso, Ankara ha ammesso di voler rilanciare l’idea di diventare un membro di Bruxelles.
Quest’ultimo punto rappresenta un’annosa e lunga questione che in Europa ha sempre visto una forte contrapposizione da parte della Grecia. Con Atene, infatti, ci sono dei rapporti tesi e pendenti da diversi anni. Dalla questione legata a Cipro (si ricorda che il nord dell’isola appartiene alla Repubblica turca di Cipro del Nord) a quella legata all’attività esplorativa che Ankara ha condotto nel Mediterraneo orientale con lo scopo di trovare fonti di approvigionamento energetico e i confini che dovrebbero essere tracciati per delimitare questa ricerca.
Sembra difficile che questi incontri possano essere positivi. Lo stesso Ministro degli Esteri ellenico, Nikos Dendias, ha voluto sottolineare come l’attuale Turchia sia un Paese totalmente diverso rispetto a quello di una ventina di anni fa quando era sinceramente spinto da uno spirito maggiormente sincero di adesione all’Unione Europea.
Queste parole possono sembrare una “semplice” presa di posizione da parte della Grecia che è divisa dalla Turchia da una rivalità politica che ha segnato la storia del Paese ellenico (fin dai moti indipendentisti tra il 1820 e il 1821) e da ben sessanta incontri che hanno cercato, invano, di appianare le divergenze sugli argomenti sopra citati. Questa diffidenza potrebbe essere giustificata anche dalle altre iniziative politiche che la Turchia sta portando avanti.
Perché, in effetti, Ankara sta dando l’impressione di voler avere un piede non solo in una scarpa ma in numerose e diverse tra loro.
Un punto fondamentale proviene dal dialogo che la Turchia sta portando avanti con l’Arabia Saudita. I rapporti con Riyyadh hanno sempre avuto degli alti e dei bassi. Il primo contraccolpo è stato registrato in occasione delle Primavere Arabe del 2011. In quella circostanza, Ankara ha dato il proprio supporto a gruppi politici vicini alla Fratellanza Musulmana con la speranza di facilitare la costituzione di Governi ideologicamente in linea con il partito di orientamento islamista turco. Successivamente, c’è stata la cosiddetta crisi del Golfo nel giugno 2017, quando Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Bahrain hanno deciso di interrompere le proprie relazioni diplomatiche con il Qatar. Infine, terza e ultima, al momento, occasione di scontro risale al recente e drammatico caso di Khashoggi.
Tuttavia, i recenti sviluppi politici regionali, in particolare la fine della crisi del Golfo, potrebbero favorire una normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Turchia. Inoltre, per Ankara, la cooperazione economico-finanziaria con Riyyadh è fondamentale per rilanciare la propria economia.
Una situazione del genere sarebbe una mossa molto particolare e dalle conseguenze delicatissime. Erdogan, mettendosi sulla stessa linea di casa Saud, sta costruendo un ulteriore tassello per una coalizione anti-iraniana che potrebbe costringere Teheran a correre nelle sue politiche nucleari dato l’accerchiamento da parte dell’Arabia Saudita e di Israele.
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