
L’incredibile e a dir poco rapido sviluppo della tecnologia ha aperto inevitabilmente un ventaglio molto ampio di possibilità per il suo utilizzo.
Non limitandosi soltanto ad un uso domestico o culturale, anche la sempre vigile industria bellica ha cercato di intercettare le nuove risorse elettroniche e informatiche per permettere ai Paesi di essere sempre più competitivi e costantemente un passo avanti rispetto ai propri avversari.
Di conseguenza, succede che in un particolare e drammatico momento storico come quello attuale, in piena convivenza con la pandemia da Coronavirus, l’attenzione della tecnologia piegata alle strategie politico-militari si concentri su obiettivi inusuali ma di fondamentale importanza.
È il caso della Corea del Nord.
I servizi di intelligence della Corea del Sud hanno riferito in Parlamento che gli hacker nordcoreani, già molto attivi soprattutto contro Seoul, hanno aumentato del 32% la loro attività di hackeraggio contro i loro “rivali” storici e che avrebbero tentato di entrare nei server informatici della casa farmaceutica Pfizer per rubare dati sensibili e informazioni relativi alla cura e agli Stati che beneficiano del vaccino prodotto dal colosso americano.
Stando ai rapporti di Seoul, dietro a questo tentativo ci sarebbe il lavoro del famigerato Bureau 121. Questo sarebbe un’agenzia governativa nordcoreana, costituita da un gruppo imprecisato di analisti (si parla di 1800 hacker ma le stime potrebbero essere molto più alte), dedito ad attacchi informatici. L’agenzia sarebbe in diretto contatto con la University of Automatation of Pyongyang che suggerisce i migliori allievi da introdurre nella macchina governativa.
Il Bureau 121 sarebbe stato accusato più volte di aver tentato ed esser riuscito ad entrare nei sistemi di Giappone, Stati Uniti, Corea del Sud e altri Paesi occidentali. Inoltre, stando alle dichiarazioni rese dalle Nazioni Unite, in passato gli hacker nordcoreani avrebbero dirottato da molte banche e istituti di credito circa 300 milioni di dollari da destinare allo sviluppo del programma nucleare di Kim Jong-un.
Oltre alla Pfizer, sono finiti nel mirino di Pyongyang anche altre case farmaceutiche impegnate in prima linea per sconfiggere il Coronavirus. Il parlamentare sudcoreano Ha Tae-keung ha rivelato anche i nomi di aziende come Johnson&Johnson, AstraZeneca e Novavax Inc. che hanno subito attacchi simili.
Dopo queste forti accuse, Pyongyang non ha rilasciato alcun comunicato ufficiale e non c’è stata nessuna risposta. A livello internazionale, questo silenzio è stato interpretato come un segnale di effettiva colpa.
Evitando la sopraffazione di qualsiasi giudizio morale o politico, una domanda sorge spontanea. Perché la Corea del Nord dovrebbe compiere un atto del genere? Qual è l’interesse politico dietro il furto informatico di queste notizie?
È veramente difficile rispondere a queste domande.
La Corea del Sud è un Paese che ha avuto e sta ancora avendo un certo numero di contagiati e di decessi causa Covid-19. Un altro dato importante è che il numero di vittime riportati dagli organi di stampa e governativi sembrano non rispecchiare l’effettiva realtà dei fatti. Questo significa che Pyongyang ha veramente bisogno del vaccino come dimostrato anche dal fatto che Kim Jong-un ha condiviso il piano sanitario Covax che darà al Paese quasi due milioni di dosi entro la prima metà del 2021.
Questo dato accantona anche la tesi secondo la quale Pyongyang potrebbe usare quelle informazioni per produrre un suo vaccino.
Sembra plausibile pensare che la Corea del Nord possa voler vendere quelle informazioni per intercettare ulteriori fonti di finanziamento da utilizzare per rafforzare ancor di più la pericolosa ambizione nucleare.
In un mondo così altamente tecnologizzato, niente, nemmeno una fondamentale risorsa come il vaccino contro il Coronavirus, può rappresentare un minimo ostacolo etico per soddisfare questa continua fame di informazioni e vantaggi strategici.
Fonti:
Fonte immagine:
Comments