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L’Africa nello spazio

Immagine del redattore: Vanni NicolìVanni Nicolì

Per diversi anni la conquista e il consolidamento della presenza umana e tecnologica nello spazio sono stati caratterizzati dall’eterno e infinito dualismo russo-americano. Come dimenticare la frenetica corsa che ha caratterizzato gli anni della Guerra Fredda con il primato di Jurij Gagarin (primo uomo nello spazio nel 1961) e della spedizione Apollo 11 con Neil Armstrong che, nel 1969, fu il primo uomo a mettere piede sulla luna.


Col passare degli anni e l’incredibile avanzare delle tecnologie, anche la Cina si è iscritta prepotentemente alla corsa per lo spazio ed è notizia recente il fatto che un satellite cinese potrebbe cadere sull’Italia.


Accanto a questi primati e al confronto tra queste potenze, si è registrato un nuovo e incredibile record per un Paese e per un intero continente.


Nello specifico, la Tunisia ha realizzato, nel mese di aprile, il lancio del suo primo satellite costruito e collaudato interamente presso il centro di ricerca nazionale di Sfax.


Il nome del satellite è “Challenge One” ed ha un nome decisamente emblematico. Infatti, questo sarà il primo di una costellazione di trenta nanosatelliti che la Tunisia farà partire grazie alla Russia e, in concreto, grazie al vettore Soyuz2 che ha permesso al primo satellite tunisino di partire dal Kazakhistan.


Il progetto nordafricano acquista una particolare rilevanza sia dal punto di vista nazionale che internazionale, con degli effetti sul breve e lungo periodo.


Prima di tutto, la realizzazione di questo progetto è un successo importante per l’intero popolo di Tunisi. Infatti, come dimostrato e sottolineato anche dal Presidente tunisino Kais Saied, il lancio del satellite è stato possibile attraverso il grande lavoro di un’equipe ingegneristica interamente tunisina che ha permesso di avere numerosi posti di lavoro anche e soprattutto per persone giovani. Infatti, l’età media dei soggetti coinvolti in questo lavoro non ha superato i 25 anni.


A livello internazionale, invece, ci sono due punti particolari che meritano un’importante riflessione.


Il primo è il rilancio di un Paese, e con esso di un intero continente, che punta a virare completamente le proprie risorse e il proprio lavoro su un settore che permetterebbe all’intera Africa di ridurre, o quanto meno non veder aumentato, il distacco con gli altri attori internazionali.


In secondo luogo, la vicinanza della Russia che ha aiutato la Tunisia in questa iniziativa testimonia la straordinaria capacità di Mosca di sviluppare con intelligenza e lungimiranza i propri soft powers per rafforzare la propria presenza in un’area del mondo nevralgica come quella del Maghreb.


Alexander Serkin, ceo della GK Launch Services russa, ha affermato che questo progetto farà da apripista ad una lunga collaborazione tra i due Paesi nel settore spaziale.


Un punto fondamentale, dato che un Paese come la Tunisia, che da sempre ha gravitato e gravita ancora nell’orbita (socio-politica) francese ed europea, si sia rivolto proprio alla Russia per la messa in orbita del suo primo satellite e non all’ESA (agenzia spaziale europea).

Pertanto, si può ipotizzare che l’offerta russa sia stata più conveniente dal punto di vista economico e questo può rappresentare il primo punto di una strategica vicinanza politica ed economica della Tunisia alla Russia, a scapito dell’Europa.


Accanto alla Tunisia, Mosca sta abilmente giocando le proprie carte del soft power in una vasta area che già comprende Golfo Persico, Medio Oriente, Africa, Sudamerica ed Estremo Oriente.


La vicinanza alla Tunisia rappresenterebbe, dopo lo storico rapporto con l’Algeria, da sempre vicina alla Russia, il forte legame con la Libia e i rinnovati legami con l’Egitto, un fondamentale pezzo di un puzzle dai risvolti politico-economici con i quali Mosca sta cercando di trovare delle alternative valide e forti alle sanzioni americane ed europee.

 

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