
Nel complicato panorama geopolitico medio-orientale, si assiste ormai da troppi anni alla piaga sociale e umanitaria che affligge lo Yemen dal lontano 2011.
L’inizio della primavera araba che sconvolse l’ordine politico di San’a e che portò alle dimissioni dell’ex Presidente Abdullah Saleh a favore del suo vice Abdrabbuh Mansour Hadi non ha portato gli effetti desiderati dal popolo yemenita.
La conseguenza di questo cambio di guardia politico è stata l’instaurazione di un clima di incertezza che è sfociato in lunghi e violenti scontri intestini protrattisi fino ad oggi.
Inoltre, non si è nemmeno potuto avere l’occasione di fare una valutazione politica sull’operato del “nuovo” esecutivo. Hadi, infatti, ha dovuto scontrarsi fin da subito e a più riprese con una nutrita parte dell’esercito nazionale che, nonostante le decisioni politiche richieste dalla popolazione locale, è rimasta sempre fedele all’ex Premier Saleh.
I rapporti di Save the Children riferiscono che questo conflitto intestino è costato, ad oggi, un pesante spargimento di sangue che ha provocato più di 18 mila morti.
Come se non bastasse, al forte terremoto politico e sociale interno, si sono aggiunti anche gli interventi di altri Paesi dell’area medio-orientale e del Golfo Persico perché preoccupati dall’escalation di violenza e dalle conseguenze religiose-militari di questo conflitto.
Infatti, dopo che nel 2014 il movimento ribelle musulmano sciita degli Houthi ha iniziato ad occupare il nord del Paese, arrivando a controllare l’intera provincia settentrionale di Saada, è persino riuscito a raggiungere e ad occupare la capitale San’a. Questa azione militare ha costretto Hadi alla fuga in esilio all’estero e ha spinto l’Arabia Saudita (insieme ad una coalizione sunnita di altri otto Stati musulmani e con l’appoggio della comunità internazionale) ad intervenire militarmente nel Paese con il dichiarato obiettivo di ripristinare il precedente Governo.
Col tempo, questo infinito conflitto ha iniziato a rappresentare un crocevia di relazioni internazionali davvero molto intricato e interessante. Il tutto, senza dimenticare la drammatica situazione del Paese che, oltre alle terribili conseguenze del conflitto, deve fare anche i conti con l’emergenza del Covid-19 e una povertà assoluta.
Vedendo le forze in campo presenti e interessate all’andamento della guerra, c’è però il concreto rischio che lo Yemen non sia più soltanto un Paese da salvare, data la gravità delle condizioni di vita della popolazione locale.
Infatti, l’Arabia Saudita ha provato a condurre questo conflitto per procura cercando di comprendere quanto fosse concreto e attendibile un progetto di una NATO araba nell’area medio-orientale. Gli Houthi, dal canto loro, continuano le loro azioni militari dietro alle quali, stando a fonti americane, si celerebbe la presenza e la longa manus dei Pasdaran iraniani.
L’accusa lanciata da Washington e la concomitante operazione militare degli Houthi che hanno attaccato, pochi giorni fa, con dei droni, le basi militari saudite presenti nello Yemen rappresentano un’importante controprova.
Dopo l’evento, Francia, Regno Unito, Stati Uniti e Germania hanno espresso una piena condanna nei confronti degli Houthi promuovendo ulteriormente il loro appoggio e il loro impegno verso la missione diplomatica dell’inviato ONU supportato a sua volta anche da Oman e Arabia Saudita.
Il conflitto ormai rischia di volgere ad un punto di non ritorno fondamentale.
I continui scontri tra Houthi ed esercito regolare yemenita si stanno concentrando inesorabilmente nella provincia di Marib. La caduta di questo territorio e la sua presa da parte dei ribelli sciiti sarebbe un duro colpo per l’intero Paese.
Anche perché, oltre al fortissimo rischio di controllare l’intero territorio, gli Houthi potrebbero ulteriormente perpetrare le loro continue e ingiustificate violenze contro la popolazione locale. Infatti, fonti internazionali hanno affermato come, durante l’attacco contro le basi saudite, i ribelli non abbiano fatto alcuna differenza tra obiettivi e personale militare e popolazione civile.
Il tutto nonostante l’iniziale posizione degli Houthi era quella di avere uno Yemen libero e diverso per un nuovo corso politico.
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