top of page

In guerra per caso

Immagine del redattore: Omar JouadOmar Jouad


Il 2 maggio scorso i governi di Tagikistan e Kirghizistan hanno raggiunto un accordo di cessate il fuoco a seguito dello scontro armato svoltosi il 29 aprile durato circa sei ore. Miccia della disputa fu l’installazione, nella mattina del 28 aprile, da parte delle autorità tagiche di videocamere di sorveglianza a circuito chiuso nel centro di distribuzione idrico di Golovnoy, nella provincia meridionale kirghiza di Batken, al fine di controllare al meglio l’impianto idrico, la cui proprietà è rivendicata da entrambi gli schieramenti da anni. Lo scontro iniziò a colpi di lanci di pietre tra i cittadini del villaggio kirghizo di Kok-Tash e quello tagico di Ak-Sai, ma questo portò presto all’intervento delle forze armate di frontiera di entrambi i Paesi con il coinvolgimento di carrarmati, mortai, mitragliatrici e fucili automatici. Nonostante un primo annuncio di cessate il fuoco da parte del ministero degli esteri kirghizo e la dichiarazione dello stato di emergenza con la conseguente immediata evacuazione di oltre venti mila cittadini kirghizi nella zona di confine, lo scontro riprese nella mattinata del 30 aprile. Il numero dei civili evacuati salì fino a 33.388 il giorno successivo, quando non fu rispettato neanche il secondo cessate il fuoco, raggiunto a seguito di una telefonata tra i rispettivi presidenti delle due nazioni e di un colloquio telefonico tra i ministri degli esteri tagico, kirghizo e russo. Russia che, all’interno di questo contesto geopolitico, è interessata a mantenere buoni rapporti con entrambi gli schieramenti, in quanto sia l’uno che l’altro ospitano basi militari russe (oltre ad aver ospitato basi NATO dal 2001 al 2014, su consenso russo). Soltanto il 2 maggio un terzo tentativo di porre fine alle violenze riuscì a pacificare la situazione, stando a quanto riferito dai rispettivi capi del comitato di Stato per la sicurezza nazionale. Il bilancio finale è stato di quarantanove morti (trentaquattro cittadini kirghizi e venticinque tagichi) e centosettantotto feriti.


Sull’origine dello scontro insorto il 29 aprile ci sono ancora molti dubbi, con le milizie tagiche e kirghize che si accusano a vicenda su chi abbia ricorso per primo all’uso delle armi. La tensione era già stata alimentata nei giorni passati, in particolare tra il 1° e il 3 di aprile e il 7 aprile, quando l’esercito kirghizo organizzò esercitazioni militari di sicurezza lungo il confine con il Tagikistan.


Per quanto riguarda l’ostilità che intercorre fra i due Paesi, invece, le cause sono ben note, e risalgono al 1991, anno in cui entrambi i Paesi ottennero l’indipedenza conseguentemente alla disgregazione dell’Unione Sovietica. Al disfacimento dell’URSS, infatti, i confini tra il popolo tagico e quello kirghizo vennero stabiliti sulla carta senza tenere conto delle diversità etniche e culturali presenti nella regione, ma basandosi solamente su criteri economici. Ciò fa sì che oggi soltanto 519 dei 976 chilometri totali di confine siano stati definiti e accordati, provocando interminabili dispute sul possesso di numerosi ponti, strade e infrastrutture. Il centro di distribuzione idrico di Golovnoy è uno di questi, situato nell’enclave di Vorukh nella regione di Batken (Kirghizistan). Per tale motivo quella di Vorukh è ritenuta essere l’enclave più “calda” delle otto presenti nell’area di confine tra i due Paesi. Le milizie tagiche rivendicano il possesso della propria nazione sull’impianto idrico, il quale irriga e fornisce acqua dal 1968 alle zone di confine del Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan. E per quanto riguarda l’equa distribuzione idrica fra le cinque ex repubbliche sovietiche di Kazakhstan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan si è inserito un altro attore esterno oltre alla Russia, ossia la Svizzera, che ha da tempo avviato nella regione politiche volte a risolvere problematiche ritenute da Berna comuni ai cinque Paesi: accesso a servizi di base insufficiente, scarsa diversificazione economica, mercato del lavoro debole, bassa partecipazione della popolazione ai processi decisionali e istituzioni pubbliche che non rendono conto del proprio operato.


Tuttavia, gli sforzi più concreti per trovare una soluzione pacifica agli attriti sul confine finora sembrano essere stati quelli messi in piedi dai leader dei due Paesi, che si sono già incontrati in passato a tal fine prima della telefonata dello scorso 1° maggio, senza però riuscire a raggiungere un accordo definitivo sulla delimitazione dei confini. Ad aprile, inoltre, entrambi i governi hanno installato con uno sforzo congiunto telecamere di videosorveglianza in modo da poter monitorare e analizzare i futuri eventuali scontri violenti che sarebbero insorti al confine delle regioni contestate.


Ad essere interessata alla pacificazione dell’area non c’è solo la Russia, per le ragioni citate precedentemente, ma anche la Cina, in quanto teme che una situazione di caos e instabilità politica possa influenzare il vicino Xinjiang (da dove potrebbero anche essere reclutati combattenti per i partiti estremisti islamici di Uzbekistan e Tagikistan), oltre ad avere possibili ripercussioni negative sul corridoio ferroviario Cina-Kirghizistan-Uzbekistan e sulla linea D del gasdotto Cina-Asia centrale, che verrà alimentata con gas turkmeno e transiterà per il Kirghizistan.


Altro mercato fiorente della regione è quello dell’oppio. Come è noto, a seguito della presenza NATO, l’Afghanistan incrementò notevolmente la propria produzione d sostanze psicotrope, avvalendosi dei Paesi confinanti per lo stoccaggio e lo smercio del prodotto, il quale attraversa proprio il confine tra Tagikistan e Kirghizistan prima di raggiungere l’Europa, beneficiando delle impervie strade montuose e della dilagante corruzione di quei Paesi, i quali trovano in questa attività una fonte di guadagno per le casse nazionali. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite l’85% dell’oppio prodotto dall’Afghanistan transiterebbe per quest’area, generando una fonte di reddito pari a 2,7 miliardi di dollari annui. Il recente accordo del 2 maggio, assieme a quello siglato con l’Uzbekistan lo scorso marzo per il controllo dell’enclave di Sokh permetterebbe ai kirghisi di appropriarsi del commercio di stupefacenti lungo il tragitto Afghanistan-Uzbekistan in un’area finora controllata dai tagichi.


Il 4 maggio, Il primo ministro kirghizo Ulukbek Maripov ha annunciato che la regione di Batken (che ospita l’enclave di Vorukh oltre che l’impianto idrico di Golovnoy) diventerà una regione a statuto speciale. L’agenzia di stampa russa TASS fa sapere che il progetto di legge che propone quanto annunciato da Maripov dovrebbe passare al vaglio del parlamento prima di essere approvato. Tale documento prevede inoltre un restauro delle abitazioni distrutte dagli scontri del 28 e 29 aprile, oltre che la concessione, per gli organi di autogoverno locale, di agevolazioni finanziarie e di autonomia nella gestione dell’attività di coordinamento sulla suddivisione territoriale.

 

Fonti:


Fonti immagini:




 
 
 

Comments


Post: Blog2_Post

Modulo di iscrizione

Il tuo modulo è stato inviato!

  • Instagram
  • Facebook
  • LinkedIn
  • Twitter

©2020 di Prospettive Internazionali. Creato con Wix.com

bottom of page