
Era il 9 agosto 2020 quando in Bielorussia il popolo era stato chiamato alle urne per votare il nuovo leader del Paese. Per la prima volta da tanto, troppo, tempo questa tornata elettorale dava la sensazione di essere in bilico e il risultato finale sembrava molto meno scontato del solito.
Questa incertezza di fondo che ha accompagnato il Paese alle urne è stata grandemente favorita dalla principale sfidante del Premier uscente Alexander Lukashenko, ovvero la giovane Svetlana Tikhanovskaya. Appena trentasettenne e senza nessuna esperienza politica pregressa, questa coraggiosa donna ha deciso di candidarsi dopo l’arresto di suo marito, lo youtuber Serghei Tikhanovsky che aveva sfidato il potere di Minsk intervistando la gente comune e chiedendo loro di denunciare i problemi e le difficoltà quotidiane che affliggono uno Stato chiuso in una stretta morsa autocratica da tanti anni.
La campagna elettorale della Tikhanovskaya ha ricevuto anche l’appoggio importante di altri due candidati anti-Lukashenko come Victor Babariko e Veronika Tsepkalo. Anche loro hanno subito dure e ingiuste repressioni da parte dell’Esecutivo che hanno portato all’arresto del primo e alla fuga dal Paese della seconda.
Durante l’intera campagna di avvicinamento alle elezioni, la Tikhanovskaya ha chiesto ai suoi sostenitori di indossare al polso un nastro bianco e in moltissimi hanno risposto a questo appello sia durante le manifestazioni di piazza che durante le votazioni.
Nonostante questa grande ondata di novità e di ritrovato entusiasmo politico, l’esito delle elezioni non ha dato i risultati sperati. Il Premier uscente Lukashenko ha trionfato ottenendo, in maniera quasi impossibile da comprendere, il 79, 7% delle preferenze. Il risultato è davvero troppo netto e stride, inevitabilmente, con i veri umori di una popolazione che finalmente aveva trovato il coraggio di uscire da un tunnel politico monotono e unidirezionale che vede Lukashenko alla guida da ben 26 anni consecutivi.
Nonostante la capitolazione politica della Tikhanovskaya e la sua resa per il forte e più che giustificato timore per la sorte del marito (ancora oggi in stato di detenzione) e del resto della sua famiglia, i Bielorussi non stanno perdendo l’occasione che si è presentata con il sacrificio politico di questa nuova leader.
Nel Paese continuano le manifestazioni per ottenere giustizia in difesa della legittimità del voto di agosto e i partecipanti stanno mostrando tutta la loro avversione a Lukashenko e al suo governo in modo assolutamente pacifico.
Inoltre, accanto alla Tikhanovskaya, sono tornate a far sentire il loro sostegno la Tsepkalo e anche Maria Kolesnikova (anche lei tuttora in carcere) che hanno definito, dall’ufficio del Parlamento Europeo di Milano, questo incessante desiderio di democrazia con l’espressione di “rivoluzione gentile”.
Accanto a questa crescente partecipazione che, come evidenziato dalla Lubiakova (altra leader dell’opposizione), si sta spostando sempre di più anche nei centri urbani, c’è il fortissimo rischio di dure repressioni da parte di Lukashenko. Secondo quanto emerge da una registrazione attribuita al vice-ministro dell’Interno e capo dell’unità speciale della polizia, Nikolai Karpenkov, le forze dell’ordine sarebbero state autorizzate ad utilizzare la mano pesante contro i manifestanti e trasferire chi scende più di una volta in piazza in “campi di concentramento e di riabilitazione” in costruzione.
Le presunte disposizioni per stroncare le proteste nel Paese sono state diffuse dal gruppo BYPOL, che riunisce i dipendenti delle agenzie di sicurezza della Bielorussia che non sostengono l’attuale Governo. Nell’audio (che risalirebbe all’ottobre scorso), Karpenkov raccomanda di usare i cannoni ad acqua e i proiettili di gomma “a distanza ravvicinata”, in modo da “menomare o uccidere i manifestanti”.
Quanto sta accadendo in Bielorussia non è ovviamente passato inosservato. La comunità internazionale, con l’Unione Europea al comando, ha fermamente condannato sia la votazione che la deriva crudelmente militare con la quale si vuole ripristinare l’ordine pubblico. A sorpresa, un’altra condanna arriva dalla Russia.
Nonostante la somiglianza con Minsk a livello governativo, Mosca si è allineata sulla posizione europea poiché desiderosa di non perdere i numerosi legami con la Bielorussia (ad oggi abitata da una parte considerevole di cittadini che vedono di buon occhio la vicinanza russa) in un periodo storico nel quale l’Est Europa rischia di sfuggire dal controllo russo (come accaduto per Romania, Moldavia e Ucraina).
Al momento la situazione rimane decisamente delicata. Sembra che la mediazione della comunità internazionale possa essere l’unica soluzione per evitare il serissimo e concreto rischio che i diritti umani siano macchiati del sangue di persone innocenti e pacifiche.
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