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Il piano americano in Afghanistan

Immagine del redattore: Vanni NicolìVanni Nicolì


Domenica 21 marzo, il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, si è recato personalmente in Afghanistan per una visita di Stato non annunciata, per incontrare il Presidente afgano Ashraf Ghani e i militari americani stanziati nel Paese.


Il vero obiettivo di questa inaspettata ma fondamentale visita è quello di comprendere come gli Stati Uniti debbano modulare il loro impegno e la loro presenza militare in Afghanistan. Infatti, stando all’accordo di Doha del febbraio 2020 siglato tra i Talebani e l’inviato dell’ex Presidente Trump, Zalmay Khalilzad (confermato anche da Biden), tutte le truppe americane devono essere ritirate entro aprile 2021.


Al di là di questo accordo, però, l’attuale amministrazione presidenziale sta valutando il dossier afghano per comprendere quale sia effettivamente la situazione sociale e politica del Paese asiatico e capire la migliore scelta per il futuro di Kabul.


Ovviamente, la posizione americana in Afghanistan non risentirà soltanto degli accordi precedentemente siglati o dalla situazione politica e sociale dello Stato in questione, ma sarà anche e soprattutto il riflesso più ampio della nuova strategia di politica estera che Joe Biden ha voluto lanciare dal suo insediamento alla Casa Bianca.


Davanti agli Stati Uniti ci sono due vere possibilità: rispettare l’accordo di Doha e lasciare il Paese (onorando la scadenza di aprile) oppure posticipare il rientro a Washington di altri 6 mesi senza però rimanere molto più a lungo rispetto al lasso di tempo indicato.


Dal momento che i sei mesi di cui sopra rappresenterebbero un periodo comunque breve, l’amministrazione Biden ha lavorato per un nuovo progetto di permanenza e successivo ritiro dall’Afghanistan che avverrà nella data simbolica dell’11 settembre 2021, a 20 anni da quanto accaduto alle Twin Towers.


Il Presidente americano ha inviato un nuovo progetto politico-diplomatico per il Paese pervenuto agli interlocutori afghani tramite l’inviato speciale Khalilzad e il segretario di Stato, Antony Blinken. La bozza di pace inviata ai Talebani e al presidente Ghani prevede la nascita di un governo ad interim, al cui interno siedano anche gli stessi Talebani.


Questa proposta, però, non convince del tutto gli studenti coranici perché consentirebbe, seppur per un periodo di tempo limitato, di vedere in funzione il sistema istituzionale della Repubblica islamica contro il quale hanno combattuto per anni. E convince ancora meno il presidente Ghani, il quale intende garantire la continuità istituzionale e il passaggio di potere attraverso elezioni.


Questa diversità di vedute, secondo recenti rivelazioni, potrebbe portare sul tavolo una contro-proposta: elezioni entro 6 mesi, se i Talebani accettano una tregua. Washington, pronta a valutare qualsiasi indicazione afghana, vorrebbe velocizzare i tempi dell’accordo.


Infatti, la volontà americana è quella di vedere nuovamente Talebani e Kabul tornare al più presto al tavolo negoziale e trovare un’intesa per un governo ad interim e, soprattutto, per un cessate il fuoco comprensivo. Gli Stati Uniti si impegnano ad organizzare una conferenza, sotto l’egida importante dell’ONU, con la partecipazione dei principali attori dell’area, Russia, Cina, Pakistan, Iran e India. La compresenza di un così elevato numero di attori politici dovrebbe garantire la convergenza degli interessi regionali per una soluzione diplomatica efficace. Un piano semplice solo a dirsi. Infatti, alcuni di questi Paesi sono divisi tra loro da attriti di lunga data e che, nell’ultimo periodo, hanno subito delle tensioni crescenti. Pochi giorni fa, Islamabad ha scritto ufficialmente a Washington, obiettando sulla presenza di New Delhi. In più, il non semplice dialogo sino-americano e le tensioni tra Washington e Mosca rendono la realizzazione del meeting molto difficile.


La tregua tanto decantata dagli Americani rimane comunque il primissimo obiettivo. Austin ha proposto 90 giorni per impedire l’avanzata dei Talebani ma non è un risultato scontato, anzi. Anche perché i Talebani, fino a questo momento, hanno accettato sempre e soltanto tregue di pochi giorni (solitamente sette).


Nonostante i buoni propositi americani che rientrano nella ben più ampia offensiva estera-diplomatica di Biden, il piano americano potrebbe non essere adeguato. L’eccessiva fretta mostrata dagli USA potrebbe cozzare con la necessità di curare una transizione politica lenta ma graduale per l’Afghanistan.


Per questa ragione, sembra plausibile che il dossier americano possa passare alle Nazioni Unite. Il Segretario Generale Antonio Guterres ha nominato come suo rappresentante il francese Jean Arnault, diplomatico francese di lunga data che potrebbe portare in porto questa difficile trattativa diplomatica nella quale si spera anche di far partecipare le donne afghane, dato il rilievo nazionale di questa trattativa.

 

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