
Da quando il Coronavirus ha raggiunto anche il Sud America, il Brasile è inevitabilmente divenuto il fulcro della pandemia e dell’attenzione mediatica mondiale.
Il Paese, infatti, si è caratterizzato per una politica anti-contagio non unitaria e molto superficiale. Il Presidente Jair Bolsonaro ha sempre avanzato delle posizioni negazioniste spingendo la popolazione brasiliana a vivere tranquillamente come se nulla fosse e presentandosi, ad appuntamenti ufficiali, sempre senza mascherina, almeno fino a non molto tempo fa.
Le conseguenze del virus hanno inevitabilmente intaccato anche e soprattutto il settore economico di uno Stato dalle incredibili prospettive di sviluppo. La Banca centrale brasiliana e il Fondo Monetario Internazionale avevano dato, soprattutto all’inizio del 2020, delle previsioni di crescita economica e del PIL molto negative (le peggiori degli ultimi tre anni).
Con la disoccupazione che ha raggiunto il 13,6% (livello record) e la crisi del settore industriale e turistico (veri punti di forza della macchina economica brasiliana), Bolsonaro e il Brasile sono stati in grado di adattarsi e di reinventarsi seppur con molte difficoltà.
Infatti, un settore che è diventato trainante per Brasilia è quello agro-alimentare e il Paese è diventato il primo al Mondo per esportazione di cibo. Inoltre, grazie a delle politiche economiche molto rischiose per il futuro, lo stesso Fondo Monetario Internazionale ha dovuto rivedere le stime di decrescita del PIL. Ad inizio 2020, il prodotto interno lordo brasiliano sarebbe dovuto calare del 9,1%. Ora, ad un solo anno di distanza, sembra che il calo (fisiologico per qualunque economia mondiale) si attesterà al 5,8%.
Davanti a dati economici così rilevanti, ce n’è uno politico ancor più sorprendente. Nonostante le gravi difficoltà che stanno affliggendo il Brasile, Bolsonaro è stato anche capace di aumentare la sua popolarità, passando dal 51% delle preferenze al 52%. Inoltre, il 47% della popolazione non reputa più il Governo come primo responsabile della drammatica gestione della pandemia.
Questi dati economici si scontrano in maniera netta e fragorosa con una realtà demografica davvero complicata.
Il Brasile è tristemente noto al mondo a causa della precarietà del suo tessuto sociale, rappresentata nella memoria di molti dalle baraccopoli (o Favelas). Queste danno un tetto a 11 milioni di persone che versano in condizioni di assoluta povertà, con accesso parziale (o assente) ad acqua potabile ed elettricità e in condizioni igieniche disumane.
A causa della fragilità di questi agglomerati familiari diffusi in tutto il Paese, nel 2006 il candidato alla Presidenza Luiz Inácio Lula da Silva istituì la Bolsa Familia, un progetto politico che tutela i più deboli ma rende più vulnerabile sia l’assetto economico brasiliano sia quello sociale. Tale programma ha permesso una riduzione del 27,7% della povertà, ma non ha risolto interamente questa piaga. Ancora oggi, i bambini non ricevono un’alimentazione adeguata. Inoltre, le famiglie non riescono a pagare il materiale scolastico o i beni di prima necessità, tra cui le cure mediche e i nuclei familiari più poveri vengono ulteriormente ghettizzati sia a livello sociale che urbanistico.
Nello specifico, grazie a Bolsa Familia, al cui interno sono confluiti, combinandosi, diversi programmi di aiuti sociali preesistenti, ci sono misure atte a tutelare le famiglie con basso reddito (divise in tre fasce che vanno da quelle con reddito inferiore a i 2000 Real ad un massimo di 7000). Gli aventi diritto possono usufruire di diverse agevolazioni o prestazioni sociali. Tra queste, si ricordano: indennità di malattia, pensioni, assegni di maternità e familiari, possono essere inseriti nei programmi di alfabetizzazione, avere accesso all’acqua potabile, ricevere tutela e assistenza (anche legale) in caso di incidente.
Alla luce di questa drammatica eredità sociale, nel discorso del 23 settembre 2020, davanti all’Assemblea Generale dell’ONU, Bolsonaro dichiara di avere due problemi da risolvere: il COVID-19 e la disoccupazione. Flagelli che stanno mettendo in ginocchio il Brasile e, pertanto, meritevoli di essere trattati con la medesima serietà. Il Governo ha fornito, come affermato nel suddetto discorso, aiuti d’emergenza ($ 1000) a 65 milioni di persone, 100 miliardi di dollari per azioni sanitarie, aiuti a piccole e microimprese, 400 milioni alla ricerca per lo sviluppo e la produzione del vaccino di Oxford. Ha assistito 200mila famiglie indigene con prodotti alimentari.
Il 3 febbraio, il Presidente ha chiesto al Parlamento di dare priorità alle riforme economiche (soprattutto quelle legate alla compravendita di armi), non includendo nei procedimenti urgenti la proroga agli aiuti di emergenza o quelli riguardanti Bolsa Familia.
Il modo di intervenire in questioni così delicate rischia di avere un impatto decisamente meno forte sulle fasce più disagiate della popolazione o sicuramente non paragonabile alle riforme strutturali che erano parte integrante del piano politico voluto da Lula.
Nonostante i dati politici incoraggianti, per Bolsonaro, l’ombra di nuovi malumori politici è dietro l’angolo e, con esso, il rischio di avere una situazione sociale ancor più caotica. Questi squilibri potrebbero seriamente riversarsi anche sulla campagna di vaccinazione di un Paese che è tra i primi tre al Mondo per numero di decessi
Fonti:
Brazilian Institute of Geography and Statistics
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