Edimburgo vs Londra: arbitra l’UE
- Vanni Nicolì
- 13 apr 2021
- Tempo di lettura: 4 min

Che la Brexit avrebbe segnato e cambiato le nostre abitudini, al di là del fatto di essere Inglesi o meno, non rappresenta certo una scoperta. Mentre tutti gli stranieri presenti in Gran Bretagna stanno cercando di capire come dovranno vivere in futuro e se potranno continuare le loro vite al di là della Manica, potremmo assistere ad un gran terremoto politico e geografico quale ennesima conseguenza di questo nuovo corso politico.
Questa volta, però, lo scossone riguarderebbe soltanto la vecchia terra d’Albione, che rischia di passare da Regno Unito a Regno Disunito.
Il tanto atteso addio all’UE, dopo lo scoccare della mezzanotte e l’arrivo del nuovo anno, rischia di minare l’interezza della Gran Bretagna. Mentre il premier Johnson augurava un buon anno ai suoi compatrioti, immaginando un nuovo solco politico per il proprio Paese, a nord dell’isola britannica le cose hanno preso una piega diversa.
Infatti, proprio nel giorno dell’ultimo dell’anno, la premier scozzese Nicola Sturgeon ha condiviso sul proprio account Twitter una foto che rappresenta un palazzo su cui si vedono le scritte luminose di "Scotland" e "Europe" che si intersecano nella lettera "o" che diventa un cuore. Questo post, inoltre, è stato accompagnato dal commento: "Europa, la Scozia tornerà presto. Tenete la luce accesa".
La cosa più importante da sottolineare, al di là dell’importanza di tale affermazione, è che la frase in questione è stata proiettata su una facciata della sede della Commissione dell’Unione Europea a Bruxelles.
Un gesto e un’affermazione così forte da non poter passare inosservati, sia per i tempi che per il luogo dal quale questo messaggio è stato diffuso. E a tal proposito sorgono diversi e complicati interrogativi.
Il primo: può, questo diverso orientamento scozzese, essere la base per una nuova spinta referendaria con la quale chiedere e ottenere l’indipendenza dal Regno Unito?
Ricordando che l’ultimo referendum, quello del 2014, ha visto la sconfitta degli indipendentisti (fermatisi al 45%), emerge un dato importante solamente due anni dopo da questo voto. Si deve sottolineare, infatti, come ad Edimburgo e dintorni, in occasione del referendum sulla Brexit, la Scozia votò a larghissima maggioranza per restare nell’Unione Europea. Dal momento in cui l’esito fu noto, si era già parlato della possibilità di tenere un nuovo referendum sull’indipendenza dal Regno Unito. In caso di esito positivo, la Scozia potrebbe tornare a far parte dell’Unione Europea libera da qualsiasi vincolo inglese.
Davanti al rischio di questa nuova richiesta dalla Sturgeon e dal Parlamento scozzese, Boris Johnson ha già fatto sapere che non cederà minimamente. La linea di Londra è quella di procedere tutti insieme in questo nuovo percorso politico.
Il secondo punto, se possibile, è ancor più importante. Potrà il governo inglese sopportare la pressione indipendentista, qualora questa provenisse da più fronti? L’interrogativo è d’obbligo perché potrebbero accodarsi alla Scozia anche altri territori uniti alla Corona come Galles, Irlanda del Nord e Gibilterra.
Procedendo con ordine. A Cardiff, il Parlamento gallese non sembra così agitato e desideroso di inseguire Bruxelles come nel caso scozzese. Qui, infatti, i dati sul referendum del 2016 hanno dimostrato che la maggioranza dei Gallesi hanno preferito salutare l’Unione piuttosto che rimanerci. Al di là di questo fatto, la situazione relativa al Galles merita di essere monitorata con grande attenzione. Anche qui ci sono partiti indipendentisti che potrebbero accendersi per emulazione.
Situazione completamente diversa per Irlanda del Nord e Gibilterra. A Belfast, infatti, il cordone ombelicale con Bruxelles non è stato tagliato in modo netto poiché la capitale nordirlandese è rimasta nel mercato unico europeo. Inoltre, la distanza tra Belfast e il resto del Regno Unito potrebbe far tendere l’Irlanda del Nord verso l’Irlanda e la sua politica pro Europa. Questo potrebbe dar seguito all’obiettivo del partito nazionalista repubblicano di Sinn Fein che da un secolo spinge per la riunificazione dell’isola irlandese. Proprio la Brexit potrebbe essere il lasciapassare per chiedere un referendum.
Infine, per quanto riguarda il piccolo, lontano ma strategico territorio di Gibilterra la situazione è ancor differente. Qui, ben il 90% della popolazione aveva votato per restare nell’UE. Per questo motivo, prima dell’accordo con Bruxelles, Londra e Madrid hanno siglato un accordo che permetterà alle circa 15 mila persone che ogni giorno attraversano il confine per lavoro di farlo, godendo della libertà di circolazione con il resto dell’Unione Europea. In questo caso, uno dei principali pilastri di Schengen è stato salvato e chissà se questo potrebbe essere il preludio a maggiori richieste indipendentiste.
Infine, al di là delle caratteristiche di voto e dello spirito di indipendenza dimostrato da ciascun territorio, bisogna ora tentare di immaginare cosa farà l’Unione Europea. Il solo fatto che la scritta scozzese sia stata riportata nella sede di uno dei più importanti edifici comunitari è decisamente significativo. Ma l’Unione dovrà rimanere imparziale e fare soltanto da spettatore a queste decisioni interne di uno Stato sovrano, per altro non più membro. Incoraggiare o riconoscere delle autonomie che non avranno il consenso di Londra, rischia di aprire un vaso di Pandora di proporzioni incredibili. Si scatenerebbe un grande effetto domino che includerebbe annose e difficili questioni come la Catalogna in Spagna o, una ancor più complessa, come quella del Kosovo nei Balcani.
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