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Crepe democratiche

Immagine del redattore: Vanni NicolìVanni Nicolì

Un grave terremoto politico ha colpito la Georgia. Questa situazione, sommata al conflitto nell’area Nagorno-Karabakh e alla concomitante crisi politico-istituzionale che ha colpito la vicina Armenia, rende la fascia caucasica una delle aree più instabili di questi primi mesi del 2021.


Se però la situazione di Yerevan è la diretta e “prevedibile” conseguenza di una serie di eventi politico-militari, ciò che sta succedendo a Tbilisi assume i contorni di una vicenda politica imprevista dato che il Paese si è sempre contraddistinto, rispetto alle altre ex repubbliche sovietiche, per una brillante e affermata democrazia.


Il suddetto cortocircuito politico si è verificato a causa di una serie di eventi concomitanti.


Prima di tutto, l’arresto del leader del partito di opposizione, “Movimento Nazionale Unito”, Nikanor Melia che è stato trascinato in modo coattivo fuori dalla sede del partito a causa di una vecchia condanna subita nel giugno 2019 perché ritenuto responsabile delle violenze verificatesi durante le manifestazioni di quel periodo.


Oltre a Melia, sono stati arrestati altri manifestanti che si trovavano nella sede del partito. Questo episodio ha reso i rapporti all’interno del Parlamento georgiano ancor più tesi dato che le forze di opposizione lamentavano da tempo dei brogli in occasione delle ultime elezioni nazionali avvenute lo scorso ottobre. In riferimento a questa accusa, ci sono dei pareri contrastanti da parte di autorità internazionali che hanno vigilato sulla regolarità del voto. Infatti, alcuni osservatori internazionali hanno dato ragione alle accuse dell’attuale opposizione, mentre l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa ha considerato la tornata elettorale regolare.


L’arresto di Melia, oltre che per le modalità, ha suscitato l’indignazione politica di Unione Europea e Stati Uniti perché si aggiunge ad una situazione parlamentare molto particolare. Infatti, dopo le elezioni del 2020, i seggi del Parlamento sono occupati per il 48% dal partito di maggioranza “Sogno Georgiano” (solo per il 27% da quello di Melia) e si teme che un’azione del genere possa esser stata una manifestazione di forza da parte dell’attuale guida politica nazionale.


Quest’ultima considerazione, però, potrebbe non avere alcun fondamento visto quanto avvenuto solo qualche ora dopo l’arresto di Melia. infatti, sono state rese note le dimissioni a sorpresa del Primo Ministro Giorgi Gakharia che ha deciso di lasciare la carica proprio perché non è riuscito a mettere d’accordo il suo partito sull’arresto di Melia. Gakharia ha definito questo atto un errore che non permetterà al Paese di superare l’empasse politico nel quale la Georgia si sta impantanando. Sulla scia delle dimissioni di Gakharia, l’opposizione ha chiesto nuove elezioni dando il via a nuove proteste per il rilascio del leader Melia.


La crisi sociale e istituzionale che sta colpendo il Paese sta diventando sempre più seria e difficile da controllare, anche perché ha già travalicato i confini delle aule parlamentari. Infatti, la popolazione è nuovamente scesa per le strade a manifestare contro gli ultimi eventi e a Tbilisi non si assisteva a scene del genere dai tempi della “Rivoluzione delle rose” che, nel lontano 2003, segnò un cambio di rotta nella politica georgiana da filo-russa a filo-occidentale.


Inoltre, cronache nazionali riferiscono di una pesante aggressione da parte di tre uomini ubriachi nei confronti di Vakho Sanaia, giornalista dell’emittente Formula TV. A margine di questa vergognosa aggressione, l’associazione Carta per l’etica giornalistica ha pubblicamente lamentato l’operato delle autorità politiche georgiane ree di fomentare indirettamente l’odio nei confronti degli organi di informazione.


Al di là delle difficili dinamiche interne che potrebbero rendere ancor più complicato il percorso politico-istituzionale georgiano verso le nuove elezioni, ciò che preoccupa maggiormente è il rischio di isolamento politico internazionale che potrebbe subire il Paese proprio in questa fase così delicata. Infatti, con la pandemia, la crisi economica, i rapporti tesi con la Russia che ha spinto, incitando in modo indiretto, le regioni georgiane dell’Abcasia e dell’Ossezia del Sud a chiedere l’autonomia a Tbilisi, e con l’Unione Europea e gli Stati Uniti che da potenziali alleati potrebbero rivedere le loro posizioni, la Georgia potrebbe sprofondare in un baratro socio-economico e politico senza precedenti e lontana da tutti.

 

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