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Biden vs Big Pharma

Immagine del redattore: Vanni NicolìVanni Nicolì

Appena insediatosi alla Casa Bianca, il Presidente Biden aveva promesso che avrebbe lavorato molto duramente per cercare di dare un nuovo volto agli Stati Uniti. Questo obiettivo non era soltanto limitato alla volontà di cancellare i quattro turbolenti anni dell’amministrazione Trump, ma anche a quella di rilanciare l’immagine del Paese per la sua democrazia e la fondamentale inclusione sociale da ritrovare.


Il già dichiarato impegno nei confronti dell’ambiente è stato un punto di svolta fondamentale e un passo atteso da milioni di Americani. Ma non è finita qui. Perché Biden ha saputo sorprendere tutti con una dichiarazione incredibile. Il neo Presidente ha dichiarato la sua volontà di voler liberalizzare i brevetti dei vaccini per consentire una fruizione libera e agevole a tutti, soprattutto nei confronti dei Paesi più poveri e maggiormente colpiti dalla pandemia.


Un progetto che, oltre a rappresentare un impegno senza precedenti nei confronti dei più sfortunati del mondo, ha trovato delle forti e prevedibili opposizioni.


Alcune hanno veramente sorpreso (come la Germania e l’Unione Europea; entrambe hanno manifestato la loro intenzione di proseguire sull’attuale modello). Altre, invece, erano fin troppo scontate e sono state rappresentate dalle cosiddette “Big Pharma”.


I rappresentanti delle maggiori case farmaceutiche hanno formato un blocco unico e compatto e hanno espresso il loro parere negativo. Il CEO di Pfizer, Albert Bourla, ha dichiarato che l’apertura di siti di produzione del vaccino Pfizer-BioNTech al di fuori degli Stati Uniti e dell’Unione Europea sarebbe complicata per problemi legati alle forniture delle materie prime e avrebbe come risultato quello di ridurre il numero di dosi prodotte. Bourla, inoltre, ha anche chiesto alle istituzioni di “non disturbare le operazioni di produzione con annunci politici e con vane promesse.


Sulla stessa lunghezza d’onda anche la BioNTech che ha sostenuto come la protezione del brevetto sui vaccini Covid non è il fattore limitante nella produzione e fornitura del vaccino. Inoltre, la misura non avrebbe degli effetti nel breve-medio periodo, anzi. La produzione di un vaccino richiederebbe dei processi lunghi più di un decennio e servirebbe un personale altamente qualificato. Se non venissero rispettate queste fondamentali condizioni, si metterebbe a rischio la salute dei vaccinati.


In Italia, nonostante il parere positivo del Premier Draghi, anche FarmIndustria ha espresso un parere fortemente contrario all’iniziativa. Oltre a richiamare le parole della Commissione Europea che ha affermato come il brevetto non sia di per sé un fattore limitativo della produzione, l’associazione italiana ha sottolineato la necessità di affidarsi ad un importante “know-how” poiché “non ci si può improvvisare produttori di vaccini”.


Di ben altro avviso, invece, i pareri delle maggiori istituzioni mondiali e dei loro rappresentanti. La WTO ha accolto molto calorosamente tale proposta e il Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha personalmente ringraziato per questo impegno storico e senza precedenti Biden e gli Stati Uniti perché la sicurezza è un bene globale.


Questo contrasto è frutto di interessi economici irrinunciabili? Queste società sono davvero portate a questa risposta soltanto in nome del dio denaro o c’è dell’altro?


Bisogna provare ad essere razionali, senza nascondersi dietro qualunque bandiera o pensiero precostituito.


Il mondo delle case farmaceutiche, infatti, muove annualmente un flusso di denaro dalle cifre esorbitanti che, ovviamente, farebbe gola a tanti, anzi a tutti.


Si pensi, per esempio, a Pfizer. All’inizio dell’anno, l’azienda aveva previsto vendite per 15 miliardi di dollari. Questa, però, è stata una cifra valutata al ribasso, una previsione a cui bisogna aggiungere altri numeri. In un anno, il titolo dell’azienda farmaceutica è schizzato: nel 2021, i suoi ricavi dovrebbero arrivare a 45 miliardi. Discorsi simili riguardano altre aziende. Moderna, per esempio, ha messo in cassaforte – già da tempo – contratti per 12 miliardi di dollari e dovrebbe fermarsi a 16 miliardi di ricavi. Queste cifre sono particolarmente eloquenti, considerato che nel 2019 aveva ottenuto soltanto (si fa per dire ovviamente) 55 milioni di ricavi. In più, AstraZeneca, ha chiuso l’ultimo esercizio con un fatturato di poco meno di 27 miliardi e si appresta a migliorarlo in modo significativo.


Si aggiunga, a questi dati, la grave scoperta fatta in Africa recentemente. Dennis Okari, giornalista africano, ha scoperto e denunciato come il Kenya avesse ricevuto prestiti e sovvenzioni di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale per provvedere alla salute senza però fare nulla di tutto questo. In più, di recente è stata messa in evidenza la scomparsa di mascherine e ventilatori che erano stati donati dalla Cina. Come affermato dal giornalista Francesco Mercadante, i sentieri della morte spesso coincidono con quelli del denaro.


Ma, nonostante questo, bisogna avere l’onestà intellettuale di affermare l’altra faccia della medaglia. I brevetti hanno sempre sostenuto la scienza in tutte le sue tappe per accrescere e migliorarsi e avventurarsi verso nuove conoscenze. Ma la realtà è che in molti Paesi più poveri mancano le strutture, mancano le materie prime per la produzione di vaccini per malattie più note e studiate rispetto al Coronavirus.


Che il denaro costituisca un problema, che renda ciechi tutti noi in maniera incredibile e pericolosa è un dato di fatto. Purtroppo è nella natura umana. Ma, forse, demonizzare qualunque cosa e andare di pancia non è l’atteggiamento più giusto da perseguire. La piena disponibilità a vaccinare tutti è un atto fondamentale e doveroso, ma si creino le condizioni per poterlo fare effettivamente.


L’Africa sogna dei propri centri vaccinali autonomi ed efficienti? Gli USA e l’Europa intervengano finanziariamente per rendere questo progetto possibile. In questo modo si potrebbe anche dare dignità e piena autonomia sanitaria a tutto il continente.

 

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