
Dall’inizio della pandemia da Covid-19, il Mondo ha cercato di collaborare mettendo in comune qualsiasi genere di risorsa (da quelle economiche a quelle culturali) per trovare una soluzione condivisa e permettere a tutti i Paesi di uscire con successo da questo incubo sanitario e sociale il più presto possibile.
L’esempio massimo di questo impegno è dimostrato dalla stesura e ufficializzazione del famigerato accordo COVAX, un programma internazionale suggellato tra l’OMS e la CEPI (Coalition for Epidemic Preparedness Innovations) che si impegna a fornire vaccini in tutto il pianeta, soprattutto nei confronti degli Stati più poveri e in maggiori difficoltà nella gestione della circolazione del virus.
Accanto a questo oneroso ma fondamentale impegno, anche altre organizzazioni intergovernative e continentali si sono aggiunte e hanno deciso di mettersi al lavoro per rendere questo processo di diffusione vaccinale maggiormente democratico, condiviso ed efficace possibile.
Tra queste, è necessario sottolineare il lavoro dell’Africa attraverso la convergenza e la collaborazione dell’Africa Union e dell’Africa CDC (Centres for Disease Control and Prevention). Come dimostrato dalle parole di John Nkengasong, direttore del CDC, c’è la forte intenzione, attraverso questa partnership, di costruire entro i prossimi cinque anni ben 15 centri di produzione di vaccini lungo tutto il continente, da nord a sud, indiscriminatamente, per permettere un equo sviluppo per l’intera Africa.
Se il Coronavirus, come l’intero pianeta spera e si augura, non dovrà più esserci tra 15 anni, il vero intento di questo programma congiunto riguarderà la formazione di centri che siano in grado di coprire, entro il 2040, la produzione del 60% di tutti i vaccini oggi prodotti nel mondo per tutte le malattie conosciute.
Quello che per molti Paesi nel mondo rappresenta qualcosa di scontato e di naturale, per questo continente si presenta come una sfida immane e molto ambiziosa dato che attualmente l’Africa ha una copertura di produzione vaccinale pari all’1%.
Nonostante le numerose e ingenti difficoltà che l’attuazione di questo progetto incontrerà, l’Africa ha dei dati che possono rappresentare una piccola ma fondamentale speranza per l’avvenire.
Stando al dossier “The African Regional Health Report: The Health of the People” pubblicato dall’OMS, alcuni Paesi africani stanno iniziando ad adottare misure al fine di garantire una maggiore sicurezza e copertura sanitaria.
Per esempio, in Uganda, il 50% dei pazienti affetti da AIDS ha avuto accesso alle cure e ai farmaci necessari al contrasto della malattia grazie ad un vasto ed efficace programma che ha portato alla formazione di numerosi infermieri. Inoltre, in Mali, oltre 35 centri sanitari su 57 sono stati addestrati in materia di ostetricia e parti cesarei per garantire interventi di qualità a numerose donne che avrebbero corso il concreto rischio di essere escluse da questo tipo di assistenza.
Un’altra iniziativa particolarmente interessante è quella del Sudafrica. Qui, il Governo ha organizzato un treno che porta gli studenti di medicina dell’ultimo anno nelle aree agricole. Si è calcolato che, in questo modo, è stato possibile portare assistenza sanitaria ad oltre 500.000 persone.
In realtà, nonostante questi dati incoraggianti, il rapporto indica una realtà drammatica anche se, negli anni, ci sono stati dei miglioramenti. Sebbene il 90% dei 500 milioni di casi di malaria, registrati al mondo, abbia interessato cittadini africani, dei 42 Stati più colpiti, ben 33 sono riusciti ad adottare una terapia efficace.
Altri dati incoraggianti provengono da malattie quali la poliomielite (quasi sconfitta) e il morbillo (contro il quale il 60% dei bambini è stato vaccinato). Tra le battaglie ancora difficili da vincere figura l’AIDS. Questa, oggi, rappresenta ancora un grave problema dato il netto innalzamento del numero delle persone colpite dal virus che, ad oggi, è aumentato di dieci volte.
Nonostante la grande volontà di un continente intero e il coraggio di lanciare il proprio sviluppo durante una fase storica e umana così grave e preoccupante, l’Africa non potrà farcela da sola.
Serve una comune sensibilità e attenzione affinché si possa garantire dignità e accesso ai servizi essenziali. L’Europa è in grado, specie l’Unione Europea, di poter dare il proprio contributo economico per finanziare questi progetti e un ruolo fondamentale può essere giocato dalla Francia che, ancora oggi, rappresenta un importante punto di riferimento per quei Paesi legati a questa dal passato coloniale e non solo, date le strategie dei precedenti Governi (da Sarkozy ad Hollande) di estendere i legami anche con altri Stati.
Questa, in ultima battuta, sarebbe anche un’occasione per contrastare il pericoloso e soffocante colonialismo cinese che aiuta, dentro certi e preoccupanti limiti, lo sviluppo dell’Africa.
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